“Non apprezza la libertà chi non ha mai conosciuto la costrizione.”

Giorno 5:
il quinto giorno coincideva con il mio primo giorno di ferie, quindi mi sono svegliata con tutta calma e di buonumore, rallegrata dalla prospettiva di una giornata che, nei nostri programmi, sarebbe stata suddivisa tra il rinnovato Museo Egizio e il parco del Valentino.
Danny doveva solo fare una scappata a chiudere con lo scotch da pacchi alcuni scatoloni che doveva poi spedire nella sua città natia – praticamente la sua unica incombenza in questa settimana torinese: siamo riusciti ad uscire di casa solo alle cinque del pomeriggio.
In sostanza, ho impiegato il mio giorno di ferie facendo il bucato, le pulizie e ritirando una raccomandata di Equitalia, mentre lui terminava di inscatolare i suoi beni e parlava per non so quante ore con il call center delle poste. Alla fine è riuscito a fissare l’appuntamento per la mattina dopo, io, a quel punto, mi esprimevo esclusivamente a bestemmie.

Giorno 6:
sulla base dell’antico adagio “errare è umano, perseverare è stupido”, ho pensato bene di non farmi fregare per due giorni di fila: ho annullato le ferie e sono andata al lavoro, mentre Danny andava ad aspettare che il corriere andasse a ritirare questi benedetti scatoloni.
Il dramma è che i corrieri, a quanto pare, non ti indicano l’orario preciso in cui passeranno a recuperare i pacchi, quindi il nostro eroe, stanco di aspettare, nel primo pomeriggio ha abbandonato la postazione. Per sua fortuna il mio ringhiargli contro è stato interrotto dalla chiamata del corriere che lo avvisava che lo avvisava del suo arrivo, così ha dovuto scapicollarsi per tornare indietro.
Pago ma non domo, sulla via del ritorno, ha pensato bene di andare in paranoia per un banalissimo orzaiolo e così, uscita dal lavoro, ho dovuto sorbirmi quel paio d’ore d’attesa al pronto soccorso, per poi vederlo entrare e uscire dalla sala visite in soli cinque minuti.

Al nostro ritorno a casa ero così stanca e irritata da non avere voglia alcuna di cucinare, così ho proposto di andare a cena al ristorante cinese all’angolo. Mi sono lavata e cambiata e, mentre attendevo che si preparasse anche mr. Zucco, ho cronometrato la sua permanenza sotto la doccia attraverso il rumore dell’acqua che scorreva, inviando ad un’amica un messaggio su Whatsapp quando l’ha aperta e un altro quando l’ha chiusa: il risultato è stato di VENTISEI (26!) minuti. A questi ne vanno aggiunti all’incirca altrettanti dedicati alla phonatura  del suo taglio di capelli sixties con messa in piega del ciuffo frontale, per la realizzazione del quale era necessaria la contestuale visione di un video tutorial su Youtube.
Mi preme far presente che le condizioni in cui poi ho trovato il bagno erano come sempre pietose: pareva una zona da cui si fosse appena ritirato uno tsunami.
Ora, quale donna potrebbe mai desiderare di stare con uno che impiega il triplo del tempo di lei a prepararsi per andare dal cinese all’angolo?!
Per tutta la cena ho pensato con gioia al fatto che due giorni dopo se ne sarebbe finalmente andato, ma il metodo del pensiero positivo non ha funzionato del tutto perché, nonostante questo, al nostro ritorno ero così irritata e triste che non ci ho nemmeno voluto fare sesso.

Giorno 7:
la settimana di convivenza finalmente volgeva al termine e, infatti, questo è stato il giorno migliore dopo quello del suo arrivo: abbiamo trascorso tutta la giornata con amici al Salone del Libro, abbiamo cenato con altri amici, siamo tornati a casa presto e ci abbiamo dato dentro e l’indomani, all’alba delle otto di domenica mattina – manco la decenza di scegliere un treno comodo – l’ho messo sul treno e l’ho rispedito nel nord-est, con sommo gaudio mio e discreto avvilimento suo che, ormai, aveva capito che non mi avrebbe rivista mai più, nonostante la fortissima tentazione di farmi ospitare a casa sua, mangiare e fumare a sbafo e, soprattutto, allagare il bagno ogni qualvolta mi fossi fatta una doccia.

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“Chi naviga nel mar delle sensualità si sbarca al porto delle miserie.”

Giorno 3 – Danny Zucco diventa il sex symbol di via Po:

quel pomeriggio, Danny è venuto a prendermi al lavoro, ci siamo fermati a bere qualcosa in un bar, godendoci la primavera e fumando le mie sigarette (come è accaduto per tutta la settimana, peraltro), siamo tornati a casa, ci siamo “divertiti”, lavati, sistemati e, belli come il sole, abbiamo raggiunto un locale in centro per un’interessante serata musicale.
Eravamo seduti ad un tavolino fuori dal locale, sotto i portici. Al tavolo di fianco a noi, una coppia: lui un hipster in vistoso ritardo anagrafico: pelato, baffi a manubrio, camicia a quadri, bermuda e anfibi bordeaux. Lei capelli biondi vaporosi, occhioni azzurri sgranati dietro gli occhiali e una voce assurda, un misto tra Paperino e Jessica di “Viaggi di nozze”.
A metà serata, Danny mi lascia sola al tavolo per andare in bagno e mi ritrovo coprotagonista di una delle conversazioni più assurde della mia pur variegata esistenza non appena la tizia, anche lei rimasta sola, con la sua voce ridicola (vi prego: immaginatela!), mi apostrofa:
– scusa, ma quello è il tuo ragazzo?
– si, certo
Lei sgrana ancora di più gli occhioni, ammicca e aggiunge:
– se fosse il mio ragazzo non lo lascerei mai da solo!
Io penso “ma tu guarda questa brutta troia!” e chiedo ragguagli:
– perché scusa? È solo andato in bagno.
Occhiata complice di chi la sa lunga:
– se è solo andato in bagno non dovrebbe star via più di un paio di minuti. Se sta di più dovresti incazzarti e lasciarlo!
– ma cosa vuoi che faccia? Il locale non è nemmeno affollato!
– appunto! Perché dovrebbe attardarsi di più, allora? Eccolo che arriva: almeno un po’ dovresti fargliela pagare!
Conclusa in questo modo la conversazione, si gira e ricomincia a guardare altrove.
Poco dopo arrivano al locale alcuni miei amici e, mentre chiacchieriamo, la ragazza che era con loro attacca bottone con Danny e, dopo nemmeno dieci minuti, sento chiaramente che gli chiede il suo contatto facebook, che lui fornisce pure sorridendo lusingato!
– mi ero stoltamente messa in casa un sex symbol, e non lo sapevo!

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Giorno 4: quest’uomo sa fare una cosa sola.

quella mattina mi sono svegliata e mi sono precipitata al lavoro, dopo aver sottolineato più volte a Danny che entro quella sera avrebbe dovuto terminare quanto era venuto a fare a Torino, dato che mi aveva chiesto di prendere due giorni di ferie per andare insieme a vedere due mostre e l’allestimento del nuovo museo egizio – un programma di tutto rispetto.
Verso le undici mi collego a Facebook e lo vedo bel bello intento a caricare le foto scattate durante la visita torinese (tutte tranne le uniche due che avevamo fatto insieme, perché non era venuto abbastanza bene. Si, è anche un vanesio di prim’ordine), gli scrivo e, con dolcezza, giuro, lo invito ad uscire di casa per andare a terminare questo benedetto lavoro. Mezz’ora dopo è ancora lì, che cazzeggia beato su Facebook. A quel punto mi sono innervosita, l’ho chiamato e gli ho spiegato che doveva proprio muovere il culo: sembravo sua madre, e questa cosa ha aumentato il mio nervoso.
Nel pomeriggio viene a prendermi al lavoro e, rientrati in casa, trovo due luci accese (su tre stanze totali di casa) e il solito bagno allagato, non ce l’ho fatta e ho dato fuori di matto: era talmente palese che aveva trascurato tutto perché si era attardato troppo su Facebook (!), come un ragazzino di sedici anni, che mi è venuto spontaneo trattarlo da tale. Inoltre, trovo estremamente irritante e di cattivo gusto tenere un comportamento tanto superficiale in casa d’altri.
Cosa fa il nostro beniamino per recuperare? Frigna. Proprio così: inizia con una serie di pietosi tentativi di giustificarsi e termina con una giaculatoria di lamentele sul suo essersi rifugiato in Facebook perché, dopo il periodo in cui si era trasferito a Torino, ha perso tutti gli amici e i contatti che aveva nella città natia – si, mi sono fatta delle domande, e poi, con pazienza davvero “materna”, gli ho spiegato un paio di regole base su come si sta al mondo.
Giuro, che in realtà, volevo ucciderlo. Si è salvato solo perché ha smesso di piagnucolare e ha finto di tirar fuori un po’ di decisione e di ironia. La parentesi è finita nell’unico modo alternativo all’omicidio possibile, e devo confessare che è stata anche parecchio soddisfacente.

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…to be continued.

“Il peggiore odio è quello che nasce dalla putrefazione dell’amore.”

Giorno 1 – tutti i nodi vengono al pettine:

la domenica pareva filar via tranquilla e, con la prospettiva di una settimana di convivenza ad alto tasso di momenti bollenti, ho proposto di uscire, quella sera: la band di alcuni miei amici suonava in un pub vicino a casa, volevo presenziare, presentarlo a taluni dei miei più stretti sodali e – soprattutto – cenare fuori.
Danny ne è entusiasta, considerato che ama molto la musica, i concerti, Torino e la vita sociale. Sembra tutto perfetto, troppo a pensarci bene, ma chi fa caso a come balla, mentre sta ballando?
Sono così presa che quasi non mi accorgo che il mio affascinante Zucco inizia a far trapelare i primi, inquietanti, segnali, manifestando una serie di tic che si susseguono in sequenza precisa: strizza gli occhi, muove il collo in avanti, solleva la spalla destra (muovendo il braccio che vi è attaccato, ovviamente).
Una parte del mio cervello nota la cosa e la abbina al fatto che, in effetti, da quando è arrivato ha chiesto il mio parere (ha chiesto conferme, Carrie, la verità è che ha chiesto conferme) praticamente su qualsiasi cosa dovesse fare nell’immediato o nel lontano futuro: inizio a capire di aver davanti un uomo piuttosto fragile, ma perché pensarci adesso?! – metto la testa sotto la sabbia e mi preparo per il debutto in società (truccarsi è stato un casino, con tutta quella sabbia negli occhi!).

La serata è filata via liscia come l’olio, sono anche riuscita a nascondere il mio turbamento quando ho ricevuto un messaggio da mr. Wrong che voleva raggiungermi “almeno per una birra insieme, così ti vedo e ti mostro il mio nuovo tatuaggio” – due mesi senza vederci e quale domenica sceglie? Nell’indecisione tra uccidere un incolpevole Danny Zucco o lasciarmi morire, gli ho detto che non potevamo vederci per la prima volta in vita mia. Avrei potuto invitarlo al pub, ma non volevo ferire Danny: che bella stupida persona che sono!
In compenso, Danny ha conquistato tutti con i suoi modi gentili e la sua cultura, a tal punto che uno dei miei amici più cari, il mio unico inarrivabile Socio, avrebbe voluto che lo sposassi seduta stante!
Quando siamo tornati a casa, però, la prima fonte di irritazione: avremmo dovuto alzarci presto, l’indomani mattina, ed era già l’una passata, ma per riuscire a dormire ho dovuto attendere che lui terminasse di controllare il suo profilo facebook, pubblicasse video di canzoni varie dopo averne ascoltate altrettante, infine, mi è toccato cedere alla stanchezza ed invitarlo ripetutamente a venire a letto – manco i ragazzini.

Giorno 2 – il sesso ti fa prendere decisioni strane:

la mattina ha l’odio in bocca, soprattutto se tu devi correre al lavoro e il tizio che ha dormito accanto a te (e che deve anche lui uscire di casa con una certa celerità) non vuole saperne di svegliarsi, alzarsi e prepararsi in un tempo congruo: sono arrivata al lavoro con mezz’ora di ritardo, lasciando dietro di me una scia di irritazione, astio, e acqua: oltre ad aver letteralmente allagato il bagno, questo dandy del nuovo millennio, si è infilato l’accappatoio da me gentilmente fornito, ha ignorato la salvietta per asciugarsi i piedi, da me altrettanto gentilmente fornita, ha indossato le ciabatte (quelle se le era portate da casa) ed ha iniziato ad aggirarsi bellamente tra soggiorno e camera da letto, sgocciolando ovunque – io ho il parquet in tutta la casa, bagno escluso.
Desideravo ardentemente eliminarlo e pure con l’aggravante della crudeltà mentale (magari anche tramite qualcosa di simile alla scossa di Lamù!), ma ho deciso di risparmiarlo per non ritardare ulteriormente il mio arrivo al lavoro.
Al mio ritorno, però, sono stata oggetto di attenzioni e desiderio e coprotagonista di una performance talmente calda e soddisfacente da trovare sic et simpliciter la soluzione per l’indomani: io sarei uscita per conto mio, lasciandogli tutto il tempo che desiderava per prepararsi e – argh! – le chiavi di casa.
L’idea ha migliorato la situazione, ma non è stata risolutiva.

…to be continued.

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“Il sesso è la cosa che richiede la minor quantità di tempo e provoca la maggior quantità di guai.”

A quanto pare, il 2015 è l’anno delle premesse fantastiche che sfociano in rapporti deludenti e dell’importazione di piacenti maschi forestieri, nel senso di provenienti da fuori città: in questo nuovo caso, dal profondo nord-est.Il nostro Danny Zucco ha vissuto ad Augusta Taurinorum, insieme alla sua di allora fidanzata, per quattro anni, periodo in cui ci conoscemmo, nei soliti locali tramite i soliti amici in comune. Finito l’amore, lui ha preso armi e bagagli ed è tornato nelle sue lande orientali.
Come mi ha ripescata? Domanda retorica, oramai: rientrati in contatto grazie al malvagio Facebook, abbiamo iniziato a scriverci sempre più assiduamente, finché lui non mi ha comunicato che sarebbe tornato a Torino per una settimana, e che avrebbe tanto voluto portarmi fuori, una sera.
A chi sarebbe venuto in mente di dire di no ad un uomo bello, alto (un tantino magro, ecco, questo si), colto e affascinante nei modi? Appunto, a nessuna, infatti ho accettato.

Lui ha addirittura anticipato il suo arrivo di un paio di giorni perché non stava più nella pelle e, in un sabato di sole, è sbarcato alla stazione. Ha abilmente sfruttato la situazione scendendo a quella di Cit Turin e chiedendomi di andarlo a prendere: ci siamo così rivisti sul binario e subito dopo avermi salutata, mi ha baciata. Mi ha sorpreso, ma ho pensato: “Audace!”, e, confesso, ho apprezzato.
Ho continuato ad apprezzare, tanto che, dopo qualche ora di ciance seduti in un caffè e quattro passi all’ombra della Mole, ci siamo ritrovati a rotolare nel mio lettone. La vera sorpresa, però, l’ho avuta quando gli ho sfilato i boxer: è stato come perdere la verginità una seconda volta.
Mi è venuto spontaneo, dopo due round di altissimo livello, e il suo invito a cenare insieme, proporre di fermarsi da me per quella notte. Non posso negare che ne sia valsa la pena, considerato che, annebbiata dal piacere, ho perso il senso dell’orientamento e sono letteralmente rotolata giù dal letto: una performance degna dei migliori film erotici, mi ha già contattata Rocco Siffredi proponendomi di girare “Anche i goffi trombano” – okay, incidente a parte, è stato una vera bomba, nulla da dire da quel punto di vista.
Mi sono addormentata serena e soddisfatta, non senza essermi divincolata dall’abbraccio romantico soffocante: quando dormo, voglio che mi si lasci dormire.

La mattina dopo, l’incanto si è ripetuto: sesso da favola, carinerie, discorsi interessanti. Ho persino cucinato una carbonara meravigliosa – notoriamente, io odio cucinare, a meno che non lo stia facendo per qualcuno a cui voglio molto bene o che mi piace tanto.
Ora, come sanno, o dovrebbero sapere, tutte le persone adulte e mature, è consigliabile “non promettere quando sei felice, non rispondere quando sei arrabbiato e non decidere quando sei triste”. Personalmente mi sento in dovere di aggiungere anche “non fare shopping quando sei depresso e non fare proposte quando hai appena goduto come un riccio”; purtroppo però, proprio come Alice, “io mi so dar ottimi consigli, ma poi seguirli mai non so”, così, prima di lasciarlo andare dove doveva andare, con foce flautata e suadente, ho proposto: “perché non dormi da me tutta la settimana?”, proposta immediatamente accettata con entusiasmo.
Ebbene, mal me ne incolse, nonostante io abbia così modo di raccontare della mia settimana di fidanzamento e convivenza – come, naturalmente, farò!