“È meglio scoprire di essere stati ingannati sul prezzo che sulla qualità della merce.”

– Carrie, verrai alla serata tra donne?
-Parli dell’otto marzo, Laura? Sai che l’idea di mescolarmi con orde di femmine esaltate non mi alletta.
Laura sbuffa, ma non si arrende: – è solo una scusa per stare insieme e comunque possiamo proporre di fare qualcosa di impegnato.
L’aria dubbiosa di Carrie sarebbe già una risposta eloquente, ma lei, vent’anni di idealismo e impegno politico-sociale, preferisce sottolinearla sollevando un sopracciglio sarcastico, mentre il rumore di un motorino truccato porta via il suo: – certo, come no – sussurrato a mezza bocca.
La sua amica, però, sa dove colpire: – una che esce con un palestrato non dovrebbe fare tanto l’intellettuale spocchiosa, eh. Coerenza ci vuole, nella vita.
La risposta arriva immediata, stizzita: – quindi per essere coerente dovrei frequentare solo topi da biblioteca e intellettualoidi rachitici? In ogni caso, Raffaele è di sinistra, stai pur sicura che non andrei a letto con un fascio, per quanto figo possa essere.
– E meno male, almeno la gioventù littoria ce la siamo scampata.
– Che spiritosa.
Carrie aspira la sua sigaretta, pensierosa: non ha nessuna intenzione di ammettere che lei e Raffaele, il ragazzo dal fisico scolpito che ha conosciuto a scuola guida, non hanno niente in comune.
– Carrie, guarda che la tua immagine da guerrigliera non verrà intaccata dal festeggiare l’otto marzo in discoteca o dal fatto che esci con uno a cui importa solo la palestra. Nonostante i tuoi proclami sull’importanza della mente sappiamo bene che l’estetica ha una certa presa su di te.
– Si è fatto tardi, devo andare a casa – dice Carrie saltando giù dal muretto – organizzate pure l’otto marzo ignorante.

Il telefona comincia a squillare nel momento esatto in cui Carrie ha messo piede in casa (Vado iooooo!), poco dopo la voce vellutata di Raf le accarezza l’orecchio e lei si illumina tutta quando gli parla, sarà perché è bello, è sexy, vive e si mantiene già da solo con mille lavoretti?
Ora però il bel Raf le piace un po’ meno: che differenza fa se trascorrerà la festa della donna in un circolo Arci con un collettivo femminista o in discoteca con le sue amiche? Ovvio, c’è una differenza abissale, ma per lui cosa cambia? Non è mai stato geloso per queste cose, non è mai stato così insistente e quasi dispotico nel cercare di convincerla a non fare qualcosa. Anzi, non le mai chiesto di non fare qualcosa. Che si è messo in testa questo manzo da palestra?
Carrie rivendica la sua autonomia decisionale di persona e di donna e chiude il telefono stizzita.

– Ammetti che ti stai divertendo.
– Confesso, Laura, mi sto divertendo.
– E ti è piaciuto metterti in tiro e truccarti?
– Si, ma mi è piaciuto di più bere e ballare.
– Nonostante tu ti senta piccolo borghese?
In discoteca le comunicazioni devono essere giocoforza telegrafiche e Carrie fa finta di non sentire la battuta tagliente della sua migliore amica, ma le si legge in faccia: si sta divertendo davvero e al contempo se ne vergogna.
Laura torna alla carica con un’altra domanda spinosa: – il tuo ragazzo ti ha fatto storie per questa serata?
– Ma quali storie, mica è un troglodita. Alla faccia dei pregiudizi, eh.
– Ed è rimasto a casa a sospirare per la sua bella pasionaria?
– Nessun sospiro, è andato ad una cena di raccolta fondi al centro sociale.
La musica nasconde bene che la voce di Carrie sia salita di un tono e stia tremando per via della bugia che ha detto con fin troppa naturalezza, quando la stentata conversazione viene interrotta da Sara: – eccovi! Sbrigatevi, dobbiamo accaparrarci la prima fila.
– La prima fila per cosa? – si stupisce Carrie
– Ma per lo strip, no?
– oh Cristo santo, pure lo spogliarello? Stasera volete…
– Vogliamo cosa? Scatenarci?
– No, Laura, volete proprio farmi calpestare ogni mio ideale.
– Quante storie, pensavamo che avresti appressato visto la tua nuova passione per i fisicati.
Carrie si morde il labbro e rilancia: – i fisicati impegnati, però.
Nel frattempo, la prima fila è conquistata, ma la tensione di Carrie è palpabile mentre ripensa ai suoi interventi, al collettivo, contro la mercificazione del corpo e la preminenza assoluta dell’intelletto sull’esteriorità. All’improvviso, una dozzina di ragazzi seminudi e unti si accaparra il palco, muovendosi ammiccanti a tempo di musica.
– Bevi, dai, e lasciati andare, cazzo –, l’esortazione di Laura però si perde nel fragore della risata isterica di Carrie, che ha appena riconosciuto Raffaele tra i machi seminudi che ancheggiano sul palco.

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“I soli veri piaceri sono quelli inaspettati.”

I sentimenti e le emozioni non sono quasi mai netti e ben definiti, quando nascono somigliano molto più ad una massa magmatica in continuo movimento, che non a rocce salde e immutabili. Spesso, poi sono proprio i diretti interessati a non rendersi conto di cosa stia realmente accadendo.
Non vi è mai capitato che fossero le persone attorno a voi ad aver capito, prima e meglio di voi stessi, cosa provavate?
A me è accaduto in modo eclatante almeno un paio di volte e, a sostegno della mia tesi, oggi ve ne racconterò una.

Un gruppo di amici. Non è difficile da immaginare, giusto?
Ecco, immaginiamoli:un gruppetto ben affiatato, poco meno di trent’anni, ragazzi e ragazze, rockettari e un po’ alternativi, come si diceva allora.
Il gruppo più stretto, fidanzati esclusi, si conosce da circa dieci anni: l’inizio dell’università.
Tutto è limpido tra loro: non ci sono storie segrete, attrazioni nascoste, rancori repressi, nulla di questo genere; “solo” amicizia, voglia di stare insieme, passioni ed interessi comuni. Anzi, Red e Carrie hanno addirittura visto aumentare la confidenza reciproca, quell’inverno.
Un gruppo di amici come tanti.

 È primavera, l’aria si fa tiepida, le serate sono miti, la collina di Torino è dolce-, il nostro gruppetto è a cena a casa di Red: si ride, si beve, si chiacchiera.
Red e Carrie parlano di una canzone, non riescono a ricordare titolo e autore, solo la melodia, Si spostano in camera da letto, così lui può suonarla al pianoforte: niente, somiglia a qualcosa degli Smiths, ma non sono loro – e beh, ti pare che potremmo non riconoscere gli Smiths?
Red continua a suonare, sopra al pianoforte c’è una bellissima foto di lui ed Hazel, che è rimasta con gli altri in cucina; nella foto si guardano, innamorati, mentre lui continua a suonare per Carrie, la sua amica, che conosce da dieci anni, che ama la musica ed è rapita dal piano.
Suona per un po’, finchè i richiami degli altri che si stanno preparando per uscire non li riportano alla realtà. Red si alza dal pianoforte, ma subio dopo lui e Carrie restano fermi, in piedi, al centro della stanza, parlottano ancora un po’ degli Smiths e del profumo di lei, che a lui piace sempre tanto.
All’improvviso si zittiscono, di botto: restano lì a fissarsi, imbambolati, come se non si fossero mai visti prima, lui fa un passo verso di lei, è tutto normale, ma all’improvviso sembra terribilmente strano, poi un altro piccolo impercettibile passo… Ed entra Inid, come un piccolo uragano: – Ragazzi, dai, vi sbrigate? Dobbiamo andare allo Spazio!
Red e Carrie si riscuotono ed escono insieme agli altri, ridono, chiacchierano…
In auto il visetto di Inid ha un’espressione strana, carrie la nota, ma non ci pensa più di tanto, così come non pensa affatto all’accaduto, ma solo a quanto le è sempre piaciuto sentir suonare un pianoforte.
La serata fila via come al solito: alla grande.

Una settimana dopo, venerdì sera:
Cosa si fa ragazzi? Dove andiamo?
– Al Wipe Out, Red vuole andare lì!
– Ma ha preso proprio una fissa! Va bene, ci troviamo lì!

Ritroviamo i nostri, più uniti che mai,, al Wipe Out, si balla, si beve, si scherza.
Red e Carrie chiacchierano, stanno ridendo, come milioni di altre volte (dieci anni non sono pochi) e, come milioni di altre volte, lei gli chiede di “farle il gatto”. È una loro affettuosità, un piccolo rito che si perpetua da anni: Red appoggia le mani e il viso alla spalla di Carrie e, facendole i “grattini”, imita il suono delle fusa, come se fosse un gatto, appunto.
Milioni di altre volte Red ha fatto il gatto, è una sciocchezza che conoscono tutti, non significa nulla di particolare eppure, quando Hazel li chiama perché si avvicinino al bar anche loro, si voltano entrambi di scatto, urlando quasi: – Cosa c’è?! Stavamo solo facendo il gatto!
Sembrano proprio due bambini sorpresi con le dita nella marmellata, ma loro – fino a quel momento – davvero non sapevano quel che stavo accadendo, non si erano neppure accorti di aver preso il barattolo della marmellata dallo scaffale, proprio perché, talvolta, le attrazioni nascono così inaspettatamente che impieghiamo settimane, persino mesi, a rendercene conto.
Red va al bancone, Carrie farfuglia di dover andare prima in bagno, non sa come nascondere l’imbarazzo per la consapevolezza che l’ha colpita all’improvviso, come un pugno.
La raggiunge Inid, che ha assistito a tutta la scena: – L’ho capito la scorsa settimana, quando sono entrata in camera di Red c’era un’atmosfera così strana…
– Io invece non avevo capito un bel niente, fino a trenta secondi fa,
risponde Carrie, attonita.
Esce dal bagno con Inid e raggiungono gli altri al bancone, è iniziato il giro dei chupitos, come in milioni di altre serate, ma proprio in quella serata, così apparentemente uguale a tante altre, tutto è cambiato.

 

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“Le categorie sociologiche autorizzano a circolare nella società senza curarsi dell’individualità insostituibile di ciascun uomo.”

L’essere soli è ancora visto come una grave sventura, e sempre più spesso mi capita che le più svariate persone (fermi tutti: mia madre ci ha rinunciato quando ho lasciato il mio ultimo fidanzato “serio” – nel senso: l’ultimo fidanzato che hanno conosciuto anche i miei genitori – ormai quattro anni fa), dicevo: capita che le più svariate persone tirino fuori dal cilindro una spiegazione non richiesta del perché io non sia al momento accasata. Per fortuna hanno quantomeno smesso di presentarmi soggetti improponibili.
La più gettonata è la sempre verde affermazione “Non è che dovresti cambiare genere? Finché continuerai a frequentare rockettari, metallari, -ari in genere… Perché non provi con un impiegatuccio qualunque? Magari invece è la persona giusta!”
Ora, innanzitutto “i metallari”, se proprio dobbiamo applicare una definizione socio culturale, oltre ad ascoltare un determinato genere di musica, rientrano nelle più svariate categorie professionali, visto che, essendo persone normali, hanno un lavoro, o lo cercano, come tutti.
In secondo luogo, le persone non sono quello che fanno: non sono il loro lavoro, non sono le loro passioni, non sono le loro frequentazioni, la loro religione, la loro idea politica.
Le persone sono persone, belle o brutte, stupide o intelligenti, e così via.
Questo continuo etichettare le persone sulla base di una loro qualunque caratteristica predominante, che sia una passione o il lavoro o il ceto sociale, è irritante e riduttiva: in quale definizione dovrei quindi ingabbiarmi io? La metallara, l’impiegata, la dottoressa, la stronza, quale?
Il fatto che io abbia una passione smisurata per la musica, e ascolti e segua generi anche diversissimi tra loro, non conta nulla a quanto pare: il tratto dominante è quello metallaro e quindi mal me ne incolga: sono condannata alla delusione eterna.

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Oltre a questi dubbi profondamente esistenziali nonché sociologici, quel che mi lascia interdetta è questa equazione metallaro = uomo sbagliato. A parte che ho amici, metallari o rockettari che dir si voglia, che stanno insieme da una vita, o che addirittura si sono sposati e riprodotti, questa affermazione altro non è che un pregiudizio travestito da buon consiglio (non richiesto, ovviamente), anche perché sono uscita e sono stata financo fidanzata con uomini molto diversi tra loro, anche nei gusti musicali, oltre che nello stile di vita.
Per carità, la mia famiglia di amici e la maggior parte delle mie frequentazioni proviene da quel mondo (ma poi perché devo chiamarlo “mondo”, come se fosse un pianeta diverso, di brutti, sporchi, cattivi e satanisti. Non dimentichiamo che satanisti è ancora il primo pregiudizio che deve subire chi ascolta un certo genere di musica – comunque, era per farvi capire!), ma questo accade a tutti: tendiamo a legare maggiormente con chi ha passioni simili alle nostre, con le persone con cui condividiamo determinate attività, che sia andare ai concerti o infornare torte.
Io non intendo cambiare giro, amici o interessi solo per trovare un uomo, anche perché il motivo per cui non sono fidanzata non è che voglio per forza un fidanzato metallaro anche se con i metallari – secondo il popolo – non può funzionare, il motivo principale è che io sono difficile e la maggior parte delle persone si lascia mangiare viva dalle paranoie.

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“Se il mondo è pieno di prepotenti, la colpa è di chi non lo è.”

“Fatece largo che passamo noi!” – ma come noi chi? Noi noi, i bulli; o meglio: il bullo che si annida dentro ognuno, anche nella persona più dolce ed equilibrata che esista (che, detto per inciso, NON sono io.)
Proprio in questi giorni in cui il tema del bullismo, dopo il pestaggio da parte della ormai temutissima bionda di Bollate, è tornato tristemente di moda, ci sono caduta anche io.
Ebbene si: sono una persona orribile e il karma mi punirà per questo, ma, onestamente, è stato divertente. Ho provato un sottile piacere nel ferire, per quanto superficialmente, questa persona, soprattutto perché avevo un pubblico, e poi ne avremmo riso insieme.

Venerdì sera, locale notturno strapieno, siccome tra gli altri suona il gruppo di un caro amico, siamo in molti lì per il concerto, e ci conosciamo un po’ tutti. Il mio gruppetto si amalgama bene anche con chi è solitamente più esterno al nostro giro abituale di uscite, e fioccano frizzi lazzi, risate, ricchi premi e cotillon.
Ad un bel momento, dalla nostra posizione rialzata rispetto al resto della sala avvisto lei: la Bidella, che come ogni volta sta seguendo come un setter il mio ex e, come ogni volta, lo sta fissando con sguardo adorante.


A questo punto, però, mi vedo costretta a fornirvi quantomeno una sommaria descrizione della sunnominata, anche a parziale spiegazione del mio infimo comportamento.
La Bidella è tale perché ricorda, giustappunto, l’operatrice scolastica rubiconda che tutti hanno incontrato alle medie, solo che lei non ha realmente i sessant’anni che dimostra nell’aspetto e nel look. In più, ha scoperto il rock ‘n’ roll e la vita notturna solo da un paio di anni in qua, quando ha conosciuto la Bestia (ovvero il mio ultimo ex ufficiale) e gli si è accollata come una cozza – lui ha un po’ l’hobby di raccattare casi umani, purtroppo.
Questo insieme di cose (l’amore per la Bestia e la scoperta della musica) l’ha resa lievemente compulsiva e lievemente ossessiva, ed ha iniziato a seguirci nel nostro peregrinare tra locali e concerti, anche quando si andava a vedere gente che lei non aveva manco sentito nominare.
Fin qui, a parte chi ci chiedeva se fosse la madre di qualcuno, nessun problema a trovarsela intorno, finché, sventura volle che venisse invitata, da un mio amico scemo, ad una festa ad alto tasso alcolico, sfociata, come spesso accade, in un “momento galline” della peggior specie. In quel frangente si parlava ovviamente di sesso (che “momento galline” sarebbe, altrimenti?), con una particolare digressione sulle persone con cui ognuna avesse avuto una maggiore intesa, digressione che ha permesso alla Bidella di scoprire che:
– io e la Bestia abbiamo avuto una storia durata un anno,
– il perché la Bestia è soprannominato la Bestia,
– il non trascurabile dettaglio che io ne rimpiangessi le performances (ogni tanto mi capita anche adesso, la verità)
– il motivo per cui lui è affettuoso solo con me e mi apre la portiera della macchina.
Questo insieme di informazioni ha sconvolto la povera Bidella, che – oltre a confessare il suo desiderio per la Bestia, accompagnando il tutto con oscuri suoni gutturali – ha deciso secondo un ineccepibile sillogismo aristotelico che il solo motivo che teneva la Bestia lontana da lei, ero io. Che culo, eh?
La persecuzione ai miei danni è iniziata in quel momento, all’incirca un annetto fa, ma essendo lei tragicamente buonista ha iniziato la sua guerra psicologica con i suoi mezzi: perseguitandomi ovunque e cogliendo ogni minima occasione di dialogo per rifilarmi infiniti pistolotti morali sulla necessità di abbandonare il passato per dirigersi verso nuovi lidi (inutile dirle che in quel periodo uscivo con Calimero – che ancora non aveva rivelato la sua natura pulcina) e augurarmi di trovare presto un nuovo amore che mi avrebbe resa felice (portandomi una sfiga infinita che temo perduri ancora oggi).
Una sera mi ha tenuta fuori al freddo, frapponendosi tra me e la portiera della macchina, per talmente tanto tempo che il giorno dopo mi è venuta la bronchite.

Credevo di essermene liberata ormai da un po’, e invece venerdì rispunta, ovviamente appiccicata alla Bestia, in occasione di un live.
Quando l’ho avvistata, ho subito chiamato Rita (il cinico soggetto che avete conosciuto qui), per farle vedere questa persona di cui le avevo molto parlato, e mentre tutti confermavano che si, somiglia proprio ad una bidella rubiconda, ho annunciato: “vado a fare la stronza!”, precipitandomi verso di loro e saltando al collo della Bestia.
Lui mi ha circondato la vita con un braccio e, mentre parlavamo del concerto, è intervenuto il suo amico asserendo che scopriva in quel momento che anche la Bestia sapeva essere affettuoso. Ora, potevo forse lasciarmi sfuggire un’occasione servita così su di un piatto d’argento? No.
Mi sono comportata come la peggio mean girl dei peggio film adolescenziali ammerigani e tra un paio di bacetti e un paio di carezze ho spiegato che lui in realtà con me è sempre stato ed è sempre affettuoso, perché mi vuole bene (Conversazione: – Bestia, mi vuoi bene? – Ma certo che ti voglio bene! – visto? Mi vuole bene!) e che abbiamo anche una foto in cui ci baciamo! “Ma come non ci credi? Ecco qua, guarda!” con pronta esibizione della foto medesima. La Bidella a quel punto era verde, mentre il mio pubblico in galleria se la rideva tra un “che troia!” e l’altro.
Insomma, un’idiota che manco i cani, sembravamo la cheerleader scema avvinghiata al quarterback tronfio della peggior iconografia da film per teenager, ma in realtà ero solo un grosso alano che, davanti ad un piccolo pechinese stortignaccolo, piscia sul suo muretto preferito.
– intanto lui però mi accarezzava la schiena, forse dovrei considerare l’idea di tornare sul punto… –
Ero soddisfatta della mia piccola, meschina vittoria? Si, confesso di si.
È stato divertente? Sì, non posso negare che lo sia stato.
Ne vado fiera? No, ma neppure me ne pento.
Per una lunga serie di ragioni, le persone che si attaccano alle altre modello sanguisuga, mi terrorizzano a morte, e sono disposta ad usare tutti i mezzi (e i mezzucci) necessari a tenerle lontane da me e dalla mia vita.
Ma non è solo questo: è che c’è un piccolo piacere perverso a lasciar emergere la nostra parte cattiva, ogni tanto e, per quanto possa sembrare orribile, ed essere ingiusto, è dannatamente liberatorio.

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“In amore, non c’è disastro più spaventoso che la morte dell’immaginazione.”

Gli ex sono una sorta di entità aliena con cui ti tocca fare i conti per il resto della tua vita, anche quelli – pochi – con cui hai mantenuto un rapporto di amicizia, anche salda e sincera, perché come amici sono una cosa, come ex restano entità a sé stanti.
Perché ci farai i conti tutta la vita? Perché ogni esperienza, bella o brutta, breve o protratta, ti cambia, e dopo la “relazione” con un qualsiasi essere umano, a meno che tu non abbia il cervello e l’emotività di paramecio, non puoi dire di essere la stessa persona di prima, proprio come non è possibile bagnarsi due volte nello stesso fiume (almeno questo è ormai assodato, no?), e talvolta i segni di questi cambiamenti riemergono in te anche a distanza di tempo, nel bene e nel male.
Ora, io con il termine “ex”, per brevità, intendo un ampio ventaglio di situazioni, non limitate ai fidanzamenti ufficiali, ma ricomprendenti ogni qualsivoglia tipo di legame: da quello esclusivamente sessuale, all’amore platonico, al flirt che sembra non finire mai, ma nemmeno sbocciare, eccetera eccetera.
Terminate le doverose premesse, devo dire che in molti casi, quando il tempo aveva ormai messo la giusta distanza tra me e i fatti, ho dovuto riconoscere che se le cose non avevano funzionato, alla fine ci avevo guadagnato. Ma davvero, non come la volpe e l’uva.
Alla fin fine ci sono sempre dei motivi se una storia non dura, o non si sviluppa, o dura solo un tot, e quando si riesce ad analizzare gli accadimenti con lucidità, il più delle volte si scopre che, nell’economia generale della nostra vita, è stato molto meglio così, e che abbiamo anche imparato qualcosa in più su noi stessi e le altre persone.
Io, per esempio, dalle mie ultime due storie, pure “bianche” (quelle situazioni di flirt perenne che però non prendono mai il volo), ho rimediato qualche trauma (che mi ha rispedita felicemente nel mondo delle relazioni puramente ludiche!), ma anche la consapevolezza che, probabilmente, sarebbe stato molto peggio ritrovarsi fidanzata ad uno dei due, persone meravigliose come amici e cavalier serventi (lo sono tuttora), ma terrificanti come partner.
Infatti, anche oggi, grazie al più comune dei social network ho potuto ammirarne le gesta, e provare un senso di sollievo delizioso.
Esiste un altro modo in cui puoi sentirti vedendo un uomo intelligente, attraente, affascinante e pure artista, continuare a provarci con una racchia tremenda fanciulla poco avvenente che quando – a detta di lui – dovevano rivedersi ad una serata si è presentata con un altro, limonandoci duro per tutta la sera?
E cosa puoi pensare se non “SFIGATO”, quando vieni a sapere che lui, quella sera, ci ha provato lo stesso nel momento in cui l’altro si era allontanato per andare al cesso? Daiiiiii!
Tutto, ma non posso proprio concepire di stare con un uomo senza dignità (e senza capelli, ma questa è un’altra faccenda!)
E cosa dire dell’altro, che continua a dire di volere una storia seria, per poi invaghirsi solo di donne conosciute via internet e residenti ad almeno quattrocento chilometri dalla mole? Soprattutto: dopo ogni fallimento (maddai!) continua a postare terrificanti link inneggianti al fatto che le donne che rifiutano i bravi ragazzi in favore degli stronzi meritano che loro poi le facciano soffrire. Ma tu non sei un bravo ragazzo, gioia, sei un uomo di trentacinque (35!!!) anni incapace di avere una storia reale perché è posseduto da Calimero!
Ecco, davanti a queste continue conferme di idiozia sentimentale (per il resto amici fantastici, lo giuro) io mi sento felice e grata come chi ha appena scansato un fosso con l’auto, e ringrazio il mio dio (Freddie Mercury, per la precisione) ogni volta che mi si presenta l’occasione, per aver fatto sì che non quagliassimo, con buona pace dei mesi di sclero che mi sono autoinflitta.
Vi state chiedendo perché, prima, fossi innamorata di loro?
Perché sono, sfera sentimentale esclusa, persone davvero fantastiche. E perché io ho evidentemente avuto un’embolia che ha disattivato una parte del mio cervello per almeno un paio d’anni, ovvio!

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