The Carrie Horror Picture Show – III° puntata*.

Motosega

Ed eccoci. Dulcis in fundo. Pur essendo il primo cronologicamente, l’ho lasciato qui perché, in confronto, le altre due case history non sono che le tartine di un aperitivo.

Gente, dovete credermi, io sono quasi commossa dall’onore all’idea di essere autorizzata a raccontare questa storia.

Corre il diciassettesimo anno della vita di Carrie. Che, come tutte le diciassettenni, conduce una vita relativamente morigerata, frequentando l’unico centro di aggregazione giovanile che il suo quartiere mette a disposizione ossia il classico oratorio, e in questa piccola comunità adolescenziale fa un giorno conoscenza con un coetaneo, diremmo, singolare.

Il fanciullo è alto come me con un kiwi in testa, dunque trenta centimetri meno di Carrie che già allora veniva chiamata quando c’era da tirar giù la roba dalle mensole, dal look discutibile, un po’ brufoloso, universalmente considerato poco avvenente. E di tendenze maniaco-depressive, ché vabbè, non si può aver tutto. Però scatta uno strano feeling, seguito da limonata e da cauta decisione di provare, sì, provare a stare insieme, ad essere, per la prima volta, una coppia.

Ora.
E’ piuttosto normale che un bruttarello di diciassette anni, eletto a fidanzato da una brunona formosa, possa sbarellare e manifestare reazioni imprevedibili. Ma quella di Motosega, non ancora ribattezzato tale e dopo vedremo perché, è allo stesso tempo plausibile e folle. In pratica, per capacitarsi che la magia sia realtà, il ragazzo decide di mettere periodicamente alla prova il proprio fascino con le altre, spiegando logicamente la cosa a Carrie nei seguenti termini: “Così mi accerto che non sia tu pazza ad avere scelto me; ma è solo per esperimento scientifico: se anche le altre ci stanno, io amo comunque te, e anzi, anche di più avendo verificato che pazza non sei”.

“Tu capisci che non foss’altro per mantenere una dignità dovevo quantomeno mollarlo tutte le volte,” spiega pacatamente Carrie.

Ma come poteva sapere, l’ignara diciassettenne, che tentare di mollare il fedifrago sarebbe equivalso a fare una passeggiata sul set di Nightmare e smarrire la strada?!

La prima volta, Carrie è su una panchina e chiacchiera con una amica. Il futuro Motosega, appena divenuto ex, le transita di fianco per un attimo e le conficca un coltello nel legno di fianco alla coscia.

La seconda volta, il futuro Motosega sale sul campanile (ricordiamo che lo spettrale scenario di tutto questo è l’oratorio) e minaccia di gettarsi di sotto; a Carrie tocca salire i duecentomiliardi di gradini di legno cigolante e andare di persona a contrattare la sopravvivenza del derelitto.

La terza volta lo cerca a casa, e la madre, dal citofono, le risponde che è in garage che sta manipolando il motorino.
Carrie lo raggiunge. Deve dirgli che ha saputo che trescava con la sua amica e che ha intenzione di non vederlo mai più.
“Sei sicura?” chiede il futuro Motosega, à la Laurence Olivier nel Maratoneta.
“Certo,” sentenzia Carrie, secondo planning.
“Proprio sicura?” richiede il futuro Motosega, pulendosi con calma le mani nello straccetto.
“Ho detto di sì,” ribadisce Carrie, come da tabella di marcia.
Motosega, conquistandosi in quel momento l’imperituro soprannome, si avvicina alla parete, stacca la motosega a benzina, dà il classico, scenografico strappo di accensione, e poi ripete la domanda.
“No amore, ti starò vicino tutta la vita,” cinguetta Carrie aderendo alla parete del garage come un poster.

Vorrete sapere come finì. Io ieri sera non aspettavo altro.
Insomma, come lo lasci uno dotato di una simile capacità di persuasione?!

“Quell’estate mi innamorai di un altro, e volevo dirglielo, ma mi pigliava un po’ male per quella faccenda del rischio di morte,” mi spiega Carrie. “Poi fortunatamente due mesi dopo gli hanno scassinato il garage, rubato motorino, auto e anche la motosega, e così non ho più avuto deterrenti.”

Io alla fine di questa storia c’avevo le lacrime agli occhi. Ma no dal ridere, eh?, dalla commozione proprio. Ora dite la vostra, ma ammè i racconti di vita di Carrie m’han fatto quasi venire la sindrome di Stendhal.

Grazie Carrie.
Dobbiamo uscire ancora più spesso.
Rita

*credits: written by the faboulous Rita!

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The Carrie Horror Picture Show – II° puntata*.

L’Harleysta Vergine

Cioè, insomma, che una si aspetta che la volta che conosce un fiero possessore e guidatore di Harley, ispido di piercing, in un’età in cui gli ormoni si esercitano quotidianamente al doppio carpiato con avvitamento, e oltretutto lo conosce grazie a una rete aziendale telematica per cui c’è pure la componente della distanza geografica ad arrapare gli animi e a pompare le aspettative verso i radi incontri, dicevo, una si aspetta che sian faville tipo esplosione del Krakatoa, Hiroshima, macchie solari e simulazione del Big Bang al Cern tutti insieme.

Dunque è con questa disposizione d’animo che Carrie si appresta a trascorrere la prima notte con questo allora ventitreenne centauro dagli occhi blu e la chioma bruna.
Dunque è con questa disposizione d’animo che Carrie attraversa la lunga, incandescente fase dei preliminari, talmente travolgente che quasi vorresti che non finissero mai.
Be’, quasi.

Ché quando Carrie sollecita un coronamento, Easy Rider si irrigidisce, intendo nello specifico con la spina dorsale, e dice “C’è un problema.”
“Non mi pare proprio,” dice Carrie osservando altre rigidità.
“No, il problema è che sono credente. E vorrei arrivare vergine al matrimonio. Possiamo dormire abbracciati però se vuoi.”
“E sarà bellissimo lo stesso?!”
chiosa Carrie, prima di girarsi dall’altra parte.

Ecco, io a una donna che ti spara la citazione colta in un momento di profonda frustrazione del genere, io come minimo le avrei regalato la moto.

*credits: written by the faboulous Rita!

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The Carrie Horror Picture Show – I° puntata*.

Cari amici, in questo periodo ho, purtroppo, latitato dal blog perché impegnatissima al lavoro, cosa che ha anche assestato un duro colpo alla mia vita sociale, con conseguente scarsità di aggiornamenti, maaaaaa: ho qui per voi nientepopodimenoche un incredibile post in tre puntate!
Scritto dalla mia carissima amica Rita qualche tempo fa, riporta fedelmente il racconto del mio come sempre ridicolo tragico passato sentimentale: purtroppo, è tutto vero.

ATTENZIONE: nessun animale, neanche di razza umana, è stato maltrattato o oltraggiato per scrivere questo post. Al massimo qualche cozza che avevo nel piatto, due gamberetti e una chela di granchio si son sentiti un po’ trascurati perché ero troppo impegnata ad ascoltare per degnarli dell’attenzione che speravano. Riferimenti a fatti o persone sono assolutamente voluti e puntuali, e vengono qui riportati a seguito di regolare autorizzazione ministeriale del 27/05/2014, cioè ieri sera, dopo una boccia di vino ma questo conta relativamente, ché ormai la liberatoria è firmata.

Ieri sono ri-uscita con Carrie che c’avevamo in sospeso la storia della motosega.
Parlare di Motosega (l’uomo che usò la medesima, meritandosene per contrappasso il soprannome sinistramente denigratorio) ha implicato tutta una carrellata di casi umani di contesto che la nostra amica, con sprezzo del pericolo e curiosità quasi scientifica sulla natura umana, ha raccolto nel corso della sua turbinosa gioventù.
Di comune accordo, abbiamo deciso che ve ne racconto tre.
Perché il mondo deve sapere.
E per dimostrare che anche noi, dopo che l’Isola dei Famosi con il suo campionario di casi umani ha raggiunto il 32% di share, possiamo fare di più e di meglio.
Pronti? Cominciamo.

“Nonposso”: l’Energumeno

Scena: anni dell’Università, vita sociale turbinosa, storie che vanno, vengono, se ne vanno di nuovo, lasciando ragazzi e fanciulle con il cuore spezzato e un alone di romantica bohemiennitudine come in nessun’altra fase della vita. La nostra amica ci è, appunto, in mezzo. Una statuaria giovine dai lunghi capelli neri che, in quel determinato frangente storico, sembra uscita da un racconto a quattro mani di Hoffmann e Flaubert.

Un giorno conosce LUI.

Lui è massiccio, tatuato, capellone, chitarrista. Come lo definirà Carrie in seguito, “una delle tre persone al mondo in grado di sollevarmi” (ricordiamo per chi si fosse messo in ascolto solo adesso che Carrie è alta come una rete di pallavolo. No come una pallavolista, proprio come la rete). Un vichingo, insomma, un energumeno. Un energumeno dall’animo di poeta che, presentato per caso alla nostra, ci scambia due chiacchiere, le due chiacchiere diventano sei ore al tavolino di un bar, si riproducono in telefonate i giorni seguenti, e si sviluppano in uscite praticamente costanti in tutti i momenti in cui l’Energumeno non deve dedicarsi alla fidanzata ufficiale. Già, perché l’Energumeno è fidanzato: con una che vede pochissimo, ma pur sempre fidanzato. E la ridda di sensi di colpa che la fidanzitudine gli scatena dentro, nelle viscere rimescolate dall’attrazione sessuale per la bruna fanciulla e dalla bohemiennitudine di cui due paragrafi sopra potenziata dall’animo musicistide, forse spiegheranno perché, ogni volta che si ritrovano alle soglie dell’intimità suprema, l’Energumeno si produca nella seguente scena:

fase 1) aggredire la fanciulla con famelica brutalità, strapparle le magliette a morsi e ululare alla luna come un licantropo nella stagione degli accoppiamenti;

fase 2) ritrarsi sul più bello, respingendo con veemenza il voluttuoso corpo di lei, portando un polso alla fronte, volgendo il viso altrove, e gemendo come Eleonora Duse “Non posso!”.

Per farla breve, l’Energumeno non poté MAI. Neanche quando, a DODICI anni di distanza, rivista la fanciulla per caso il suo primo istinto fu quello di appiccicarla a un muro come una figurina Panini. MAI.

“E il bello è che, voglio dire, prova a farti letteralmente respingere da un tizio grosso quanto Conan Il Barbaro,” chiosa Carrie. “Lui gemeva che non poteva, tormentato come Liz Taylor nei panni di Cleopatra agonizzante, e io spiaccicata contro la finestra dalla manata!”.

*credits: written by the faboulous Rita

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