“Le regole dell’attrazione” o, meglio, del come manifestarla.

Sono giorni che medito un post sull’ambivalenza della bellezza (pregio o maledizione?) , uno su quel che ha rappresentato Milano per me, un altro sulle dichiarazioni d’amore telematiche che arrivano a due anni dalla fine della liason, una serie di post che raccontino l’epopea di questi ultimi tre anni e tutti gli incontri più o meno disgraziati che ho fatto, ma oggi ho compreso (oltre al fatto che non posso solo pensare, dovrei pure scrivere, ogni tanto) che quel di cui mi preme davvero parlare è la mia totale incapacità di capire come stanno le cose, a che punto è la notte, la nuda realtà.
Alla luce delle esperienze accumulate negli ultimi quattro anni (non che i precedenti siano stati tutto questo carnevale di Rio, peraltro, ma non volevo esagerare), devo arrendermi all’evidenza di essere un’inetta, incapace non solo di iniziare e costruire relazioni sane, ma anche di capire la natura dell’interesse che un uomo prova nei miei confronti. Che poi, da un punto di vista statistico tale interesse, se c’è  – sono esclusi gli amici nel senso stretto del termine, mi pare evidente – è esclusivamente sessuale o, peggio mi sento, di pura conquista (di maschi spinti solo dal “senso della sfida” son piene le fosse), ma questa è un’altra storia e la si dovrà raccontare un’altra volta.

Per carità, non è mai stato il mio forte intuire la corrispondenza di amorosi sensi e continuerò a mantenere la mia linea di pensiero: per dirla con un linguaggio appropriato e degno della mia levatura, non penserò che uno ce sta a provà finché non me lo dirà esplicitamente o non proverà a ficcarmi la lingua in bocca (“baciarmi” mal si accorda con i francesismi precedenti).
Sarà che ho fatto mio il famoso brocardo andreottiano (A pensar male si fa peccato, ma molto spesso ci si azzecca), ma credo che sia comunque umano chiedersi se alcuni atteggiamenti sono volti a sottintendere qualcosa o se invece si tratta di affettuose ingenuità o, talvolta, di inequivocabili indici di stupidità o stronzaggine del soggetto in questione. E credo anche che sia lecito desiderare un decalogo, una legge delle Dodici Tavole, un codice a cui attenersi, in modo da fugare ogni dubbio, no?
Un bel manuale che stabilisca “questo si fa/questo non si fa” e “questo significa rosso/quest’altro significa nero”. Non semplificherebbe le cose? Nessun altro lo ha mai desiderato?
Anche perché l’era dei social media ha complicato le cose in maniera esponenziale, e io mi ritrovo a chiedermi se gli inviti a cena o ad uscire scopo baccaglio[1] siano definitivamente divenuti desueti, sostituiti da like, pollicioni alzati,  cuori, commenti e, sommo gaudio, messaggi privati in odore di costante ambiguità.
Personalmente, ritengo che al più possano indicare un generico apprezzamento ma molte mie amiche, soprattutto quelle più giovani, sono convinte che siano segnali precisi.
Ora, se così fosse, quale sarebbe il senso? Perché non si passa a vie di fatto, ci si espone un minimo di più e si invita l’altra persona ad uscire (o a restare direttamente in casa, per i più spudorati)?
Queste interazioni telematiche intense e ripetute hanno un fine esplorativo (cerco di stuzzicare il tuo interesse/capire se sei interessata anche te)? O è solo un passatempo, un divertissement, un flirt innocente? Ma se è così innocente, perché è meglio che la tua fidanzata non sappia e non veda?
Ogni domanda ne porta con sé come minimo altre sette e si ritorna sempre nella situazione che pensavamo sarebbe scomparsa con il vecchio millennio: qualcuno che attende davanti ad un monitor, oltre che ad un telefono, qualcun altro che o non sa quel che fa, o lo sa fin troppo bene.

In realtà, talvolta, la situazione non migliora neppure se con questa ipotetica persona ci esci, a meno che non si ricada nelle situazioni inequivocabili di cui sopra (ti dico che mi piaci/ti ficco la lingua in bocca): magari trascorri una bella serata, ricca di chiacchiere e scambi interessanti, c’è anche qualche affettuosa manifestazione fisica – abbracci o addirittura prendersi la mano sul tavolo (sì, accade ancora) o al cinema – ma nulla di più. Lui ti riaccompagna sotto casa, ti guarda languido, ti dice quanto è stato bene, poi ti abbraccia per salutarti e se ne va.
Eppure tu eri sicura di piacergli, ci avresti messo la mano sul fuoco, quindi inizi ad arrovellarti sul perché e il per come, scrivi mentalmente intere sceneggiature che spieghino i motivi della sua esitazione, costruisci castelli di spiegazioni che vanno dalla più plausibile alla più assurda, ti chiedi cosa devi fare ora (niente. Il più delle volte la risposta è niente, NdA) e finisci col martoriare te stesso e gli amici con le più sconclusionate giustificazioni e teorie. Lo abbiamo fatto e lo facciamo tutti, di continuo.
Negli ultimi anni, però, almeno per quanto concerne i baccagli ipotetici e le prime uscite, ho smesso: non se ne poteva più. Ho capito che il più delle volte non c’è un motivo o comunque non ne verrò quasi mai a conoscenza e allora tanto vale: se un’uscita non ha un seguito è perché ho frainteso le intenzioni della controparte, che voleva solo fare quattro chiacchiere in amicizia, o perché ha capito di non essere interessato, punto.

Alla fine, per quella che è la mia esperienza di persona che non capisce mai in che situazione si trova[2], mi sembrano sempre tutti pazzi, per cui, con buona pace di Andreotti e dei miei cattivi pensieri,  preferisco continuare a pensare che non ci siano particolari intenzioni, fino a che le stesse non vengano manifestate in modo inequivocabile.
Resto in attesa della creazione di un codice di comportamento preciso a cui sia obbligatorio attenersi; se qualcuno fosse interessato a comporre con me un Comitato Costituente si faccia avanti, senza reticenze.

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[1] Piemontesismo inserito nel dizionario Garzanti, Baccagliare: tentare un approccio con una persona dell’altro sesso, corteggiare.

[2] Il che ci riporta ad uno degli altri post che sto scrivendo solo nella mia testa, in cui vorrei  raccontarvi della dichiarazione d’amore telematica arrivata  a due anni dalla fine della liason.

9 commenti su ““Le regole dell’attrazione” o, meglio, del come manifestarla.

  1. Cara amica! La domanda che mi nasce spontanea leggendo questo divertente e amaro post è la seguente: “Ma a te, questi uomini con i quali esci, ti piacciono?” In questa descrizione di metropolitana follia manchi tu. Non è che forse sono loro che non piacciono a te e lo comunichi inconsciamente al tizio di turno?
    Spesso desideriamo che la serata finisca come madamina Carry in Sex & the City( conservo il rispetto per il titolo anglosabaudo che hai scelto [adoro!!!] ) ma è veramente perchè il ragazzo che abbiamo davanti ci piace ? Insomma sarebbe importante se al centro rimettessi te stessa e non le loro scelte. Poi vabbè io ho la mia teoria della cerva malata ma di questo ne parleremo meglio prossimamente :-)))

    • Parto dal fondo, ma per dovuta importanza: la “teoria della cerva malata” merita una degna e approfondita trattazione.
      Detto questo, vengo a me: manco volutamente d questo post perché mi interessava porre l’accento sull’incapacità di decodificare i famosi segnali, quelli che a molti e – si spera – a chi li lancia paiono chiari e inequivocabili, invece ingenerano i peggiori qui pro quo.
      Sì, di solito non esco con uomini che non mi piacciono, evito direttamente, ‘che la vita è già troppo complicata.
      Quello che però non capisco è a chi piaccio e perché questo qualcuno non si butta e ci prova, qualora effettivamente gli piacessi.
      (certo, non fossero per la maggior parte già impegnati, i miei fan, sarebbe meglio!)

  2. Secondo me se ti chiede il numero o l’account Facebook, se ti manda il buongiorno o la buonanotte, non significa nulla. Se è veramente interessato non lo capisci alla prima uscita, ma dopo un po’, quando capisci che tipo è (tranne quando ahimé si rivelano subito per quello che sono). Perché che faccia sul serio o meno, spesso i rituali purtroppo coincidono.

    • Concordo sul fatto che ormai chiedere un contatto qualsiasi e perder tempo con messaggi gentili, nella maggior parte dei casi, non significhi nulla.
      Riguardo alla prima uscita, se dopo non ne propone un’altra ma torna a limitarsi alle interazioni su fb, direi che la risposta la abbiamo.

  3. Sono per la sfrontatezza, nei sentimenti chi non si espone non mi piace. Lo so non siamo tutti uguali, ma rabbrividisco al pensiero di interpretare o leggere fra le righe. Indecisione? Paura? Pazienza.
    Un bacio!

  4. Io sono giunta ad una conclusione. Negli ultimi anni, il baccaglio è diventato uno stile di vita, un tratto caratteriale. Quando ero ragazzetta c’era il timido, l’arrogante, il prepotente, il senza peli sulla lingua. Ma il baccaglione, se c’era, aveva lo scopo di corteggiarti, appunto. E andava dritto alla meta, senza troppi fraintendimenti.
    Adesso, mi pare, si sia baccaglioni senza alcun fine. Del tipo: ho l’atteggiamento del corteggiatore, ma non me ne frega nulla di avere una relazione amorosa con te.
    Spero di essere riuscita a spiegarmi…

    • Esatto! Molto spesso mi è accaduta e accade proprio questa cosa: il baccaglio fine a se stesso, la sfida.
      Poi appena fai capire che sei interessata, raggiunto l’obiettivo, arrivederci e grazie.

  5. Hai detto tutto quello che penso pure io. Dopo l ennesimo abbaglio di un anno fa, ho capito che è meglio nn cercarli, nn fare nullla. E per fortuna che era la donna a scegliere eh? Beh un decalogo lo vorrei cmq.. Anche il decalogo di come sostituire lo xanax visto l ansia che ho da ieri sera causa inetto che frequenta lo stesso posto dove vado io. Perché sì, la mia mente poi si suicida da sola. Vedi la tua preda (abbaglio) che passa una mano sulla vita di una tipa vestita cn tovaglia boscaiola rossa oscena, e ti rammarichi del fatto che mentre gli altri riescano sempre a trovare qualcuno tu ne esci sempre e cmq sconfitta. Quando toccherà a me vincere? Nn sto piangendo per ora ma se potessi mi farebbe solo bene..

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