“Il capodanno è il momento per fare i vostri buoni propositi. La settimana successiva potrete cominciare a piastrellarci la strada per l’inferno, come al solito.”

La seconda parte del 2014 è stata complicata e controversa persino più della prima, e questo dovrebbe spiegare il mio lungo silenzio su questi schermi. Ho fatto fatica a star dietro agli avvenimenti (tutta fuffa, ahimè, non vi impressionate!) e ancora di più a metterli su carta, e qualche pressante situazione lavorativa non ha aiutato.
A questo punto, nasce la necessità di tirare le fila dei discorsi rimasti in sospeso e ripartire di slancio, perché di cose da dire ce n’è, e non sono nemmeno poche.
Ho quindi approntato un breve e schematico resoconto relativo ai soggetti di cui si è parlato finora in questi fogli virtuali, così da poter disquisire agevolmente dei nuovi, tragicomici, eventi ed introdurre nuovi protagonisti.

Teddy: ha provato più volte a riallacciare i rapporti, ricevendo solamente graziosi due di picche. Dopo i suoi pessimi exploit in stile “ma fuori dal letto nessuno pietà” wannabe (chi non ricordasse potrà rinfrescarsi la memoria qui), non è proprio più cosa. Mai più.

Spiegel: dopo i baci appassionati e le ancora più appassionanti dichiarazioni (che potete trovare qui e qui), ha concluso che dovevamo “restarci vicino, come amici, dato che quanto accaduto ha contribuito ad avvicinarci, in modo da capire quali progetti abbiamo l’uno per l’altra. Se il nostro rapporto deve evolvere lo farà naturalmente” (devo ancora capire, esattamente, cosa volesse dire, in effetti!)
Tempo due mesi, in cui ci siamo visti qualche volta comportandoci come quegli amici tra cui c’è un’attrazione talmente evidente che TUTTI non fanno altro che scherzarci su, causando imbarazzi di livello altissimo, ed ha accettato una proposta di lavoro a SURAT: ci resterà per i prossimi due anni.
Un uomo in fuga, ma credo che questa esperienza non possa che fargli bene.

Mr. Wrong: nulla è – ancora – cambiato, ma dopo un anno di ambiguità, amore platonico, liti, ore di parole, litri di vino, allontanamenti e ritorni, in una parola: il delirio, ho deciso di fare un passo indietro ed allontanarmi.
È una dichiarazione di resa, la mia: semplicemente, non ce la faccio più.
Fa male, ed è difficile, ma stringo i denti e vado avanti, per ora. Non so cosa accadrà, perché molto dipende da come si comporterà lui, in caso decidesse di reagire al mio allontanamento.

Azzerati gli arretrati, non mi resta, infine, che dichiarare pubblicamente il nuovo, appassionante, unico obiettivo che ho per il 2015 che è: la figaggine, ovviamente con lo scopo esclusivo di attirare, al pari di un’insegna luminosa (cit.), ancora più allocchi, in modo da avere sempre a disposizione materiale appassionante per questo sordido blog.

Stay tuned!

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“Si finisce sempre per dare il bacio della buonanotte alla persona sbagliata.”

I matrimoni, per me, sono una splendida occasione per far festa, bere, divertirsi e, spesso, rivedere qualche vecchio amico che, per le più svariate circostanze, avevi perso di vista.
Lo scorso fine settimana ho partecipato ad una riuscitissima festa di nozze, ed ho finalmente rivisto Spiegel, con cui ho un rapporto di grande confidenza, anzi, di grandi confidenzE e ore di discorsoni sui temi più disparati.
Ci conoscemmo ben otto anni fa, in uno dei locali rock della città: amici comuni, interessi comuni, solite cose. Mi piaceva davvero tanto e la terza sera in cui capitò di incontrarci la trascorremmo interamente a parlare di mille cose e ad ubriacarci: mi riaccompagnò a casa e ci baciammo.
Quei baci non ebbero seguito: io avevo lanciato un segnale secondo me inequivocabile, invitandolo a venire una sera da me a guardare un film mentre i miei erano in vacanza, lui mi diede buca all’ultimo momento, e io me la legai al dito: fu così che divenimmo amici e confidenti.

Anni dopo, durante una chiacchierata alcolica delle nostre, lui mi chiese perché non ci fu mai un seguito a quei baci, e io scoprii in quel drammatico frangente che invitare un ragazzo a casa tua a guardare un film , specificando che i tuoi sono fuori città, non è un segnale poi così inequivocabile: lui aveva capito che avessi invitato un po’ tutti gli amici da me per quella sera, per questo non si era fatto scrupolo e aveva dato forfait.
Ora, questo potrebbe aprire un dibattito sulla perenne incomprensione che vige tra uomini e donne, ma non è questo il momento, né lo scopo di questo post. Torniamo al presente e al matrimonio.

Scena uno:
Prima dell’arrivo dei secondi (quindi con un tasso alcolico già soddisfacente), io e Spiegel stiamo fumando sul prato della tenuta, c’è un sole caldissimo, noi siamo in piedi, uno di fronte all’altra, a bordo prato, e conversiamo. Per la precisione lui mi sta comunicando che continua a non spiegarsi come sia possibile che io sia ancora single e che questo per lui resta uno dei misteri più astrusi dell’intero universo conosciuto (in effetti lo è anche per me, ma anche questa volta non ho ottenuto risposte certe, solo elucubrazioni e teorie, che ormai lasciano il tempo che trovano).

Scena due:
il sole è tramontato da un pezzo, siamo a metà, circa, della serata danzante con annesso open bar (quindi con un tasso alcolico ormai ben oltre i livelli di guardia) e io e Spiegel stiamo fumando in fondo al prato della tenuta, ci sono molte stelle, noi siamo in piedi, uno di fronte all’altra, vista vigneti, e conversiamo. Per la precisione lui mi sta comunicando che io gli sono sempre piaciuta, che il fatto di non aver concretizzato dipende esclusivamente da suoi limiti personali e una serie di altre affermazioni inerenti che – non capisco assolutamente come mai! – non riesco a ricordare.

Ormai è notte, e fa decisamente fresco, io indosso solamente un top smanicato e rabbrividisco: mentre parla, lui si slaccia la giacca, se la toglie e me la mette sulle spalle. Pochi minuti dopo ci stiamo baciando, e sono baci molto belli, dolci. È evidente che si tratta solo di un momento di attrazione e vicinanza, e resteranno fini a se stessi, nonostante o forse grazie anche alla deliziosa e raffinata conversazione che li ha seguiti:
Dai, Carrie, Non tentarmi.
– Non ci penso nemmeno, e poi, sbaglio, o prediligi le donne con le tette piccole?
– Si, ma non riesco a tirarmi indietro davanti alla sensualità.

È l’unica parte dei discorsi fatti che ricordo con chiarezza, ma non temete: ricordo anche perfettamente che poi siamo tornati a bere e ballare in sala con gli altri!

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“È il grande inganno, la saggezza dei vecchi. Non diventano saggi. Diventano attenti.”

Cit Turin (dal piemontese: piccola Torino) è un delizioso quartiere storico, adiacente al centro vero e proprio della città, e caratterizzato da bellissimi palazzi d’epoca in stile Liberty, Déco e Neogotico. In uno di questi, risalente al 1890, mi pregio di abitare da ormai un anno e mezzo: è un condominio grande, diviso in tre scale, che attorniano la corte interna. La tipologia di inquilini è variegata, essendo composta da giovani universitari, giovani coppie, giovani single, famiglie, coppie di anziani e anziane signore sole.
La mia dirimpettaia, in particolare, è un fulgido esempio di come si possa invecchiare bene, trattandosi di un’arzilla vecchietta ultraottantenne, che mi dice sempre che faccio bene ad uscire e a divertirmi il più possibile finché sono giovane, che tiene sotto controllo costante tutta l’area condominiale, coadiuvata dalla signora del piano di sopra, un po’ più giovane, ma dotata dello stesso stile.

Il mio post precedente dovrebbe aver svelato che condivido con buona parte delle mie amicizie la passione per la musica rock e metal, con quel che ne consegue a livello di aspetto esteriore, in sintesi: ho molti amici dalle lunghe e folte chiome e dal look vagamente aggressivo.
Dopo soli quattro mesi dal mio trasferimento si è verificato il primo episodio di blando interessamento, da parte del vicinato anziano, alla mia vita privata: un amico era passato a prendermi e stava aspettando sotto al portone che scendessi; mentre stavo chiudendo la porta di casa spunta dalle scale la signora del piano di sopra: “Buonasera signorina, c’è un suo amico che l’aspetta sotto”. Io la guardo perplessa e, incuriosita, chiedo: “Ma come fa a sapere che si tratta proprio di un mio amico?” Lei, serafica e sorridente, forte della sua logica inoppugnabile: “Eh, è un ragazzo alto coi capelli lunghi…”

Giunge l’estate e, in un assolato pomeriggio di luglio, rientro a casa dal lavoro e incontro sul pianerottolo la mia dirimpettaia con la figlia, una signora sui sessant’anni, che ancora non conoscevo.
La vicina mi presenta come la nuova condomina e sua figlia, sorridendo, mi dice: “Ah! Ma quindi è lei la signorina che frequenta solo capelloni giganteschi!” – Sì, ha detto proprio “giganteschi”, e a questo punto mi pare utile specificare che i tre maggiori frequentatori di casa mia effettivamente sono sul metro e novanta, e che trattasi di tre miei amici. Amici e basta (va bene, la Bestia è un ex ma, da ormai due anni, siamo solo amici).

Neanche venti giorni dopo, scene da un condominio, ennesima puntata: è mattina e sto stendendo il bucato prima di andare al lavoro. Spunta anche l’anziana dirimpettaia: “Buongiorno signorina, vedo che stende solo cose da donna.” Io rispondo, educatamente: “Per forza signora, qui abito solo io”, lei serafica: “Eh, ancora non ha deciso quale capellone prendere come inquilino fisso?!”
Appena mi sono riavuta dall’esser rimasta di sale, ho informato la signora che i capelloni che bazzicano casa mia sono miei buoni amici, e basta, ma lei mi ha guardata ridacchiando, come a dire “sei furba tu!” ed è rientrata in casa dicendo: “Peccato, un bel ragazzone grande ci vorrebbe proprio nella scala, CHE NON SI SA MAI”!!!

Questa mattina esco di casa per venire al lavoro e, sul pianerottolo, incontro una combo decisamente letale: la solita anziana dirimpettaia (che non vedevo da un po’) insieme alla signora del secondo piano; mi guardano e già tremo.
Prende il via l’ennesima conversazione surreale:
Anziana dirimpettaia: “Buongiorno signorina, allora ha finalmente scelto un fidanzato definitivo!” (si, è un’affermazione la sua)
Vicina: “Ah, guardi, tra tutti quelli che ho visto finora (ammiccamento nella mia direzione), questo è sicuramente quello più particolare, ma non mi pare male come giovanotto.”
Sorridono, sinceramente felici per me, che ho smesso di saltare di fiore in fiore per accasarmi definitivamente.
Non so se non mi sono sentita di frantumare la loro gioia mattutina o se ero troppo basita per reagire, ma ho biascicato uno “scappo al lavoro, buona giornata” e sono andata via.
Adesso è dalle 8,40 che mi chiedo: ma a chi diavolo si riferivano questa volta?! Chi sarà mai il mio fidanzato ufficiale secondo il condominio?!

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“Le categorie sociologiche autorizzano a circolare nella società senza curarsi dell’individualità insostituibile di ciascun uomo.”

L’essere soli è ancora visto come una grave sventura, e sempre più spesso mi capita che le più svariate persone (fermi tutti: mia madre ci ha rinunciato quando ho lasciato il mio ultimo fidanzato “serio” – nel senso: l’ultimo fidanzato che hanno conosciuto anche i miei genitori – ormai quattro anni fa), dicevo: capita che le più svariate persone tirino fuori dal cilindro una spiegazione non richiesta del perché io non sia al momento accasata. Per fortuna hanno quantomeno smesso di presentarmi soggetti improponibili.
La più gettonata è la sempre verde affermazione “Non è che dovresti cambiare genere? Finché continuerai a frequentare rockettari, metallari, -ari in genere… Perché non provi con un impiegatuccio qualunque? Magari invece è la persona giusta!”
Ora, innanzitutto “i metallari”, se proprio dobbiamo applicare una definizione socio culturale, oltre ad ascoltare un determinato genere di musica, rientrano nelle più svariate categorie professionali, visto che, essendo persone normali, hanno un lavoro, o lo cercano, come tutti.
In secondo luogo, le persone non sono quello che fanno: non sono il loro lavoro, non sono le loro passioni, non sono le loro frequentazioni, la loro religione, la loro idea politica.
Le persone sono persone, belle o brutte, stupide o intelligenti, e così via.
Questo continuo etichettare le persone sulla base di una loro qualunque caratteristica predominante, che sia una passione o il lavoro o il ceto sociale, è irritante e riduttiva: in quale definizione dovrei quindi ingabbiarmi io? La metallara, l’impiegata, la dottoressa, la stronza, quale?
Il fatto che io abbia una passione smisurata per la musica, e ascolti e segua generi anche diversissimi tra loro, non conta nulla a quanto pare: il tratto dominante è quello metallaro e quindi mal me ne incolga: sono condannata alla delusione eterna.

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Oltre a questi dubbi profondamente esistenziali nonché sociologici, quel che mi lascia interdetta è questa equazione metallaro = uomo sbagliato. A parte che ho amici, metallari o rockettari che dir si voglia, che stanno insieme da una vita, o che addirittura si sono sposati e riprodotti, questa affermazione altro non è che un pregiudizio travestito da buon consiglio (non richiesto, ovviamente), anche perché sono uscita e sono stata financo fidanzata con uomini molto diversi tra loro, anche nei gusti musicali, oltre che nello stile di vita.
Per carità, la mia famiglia di amici e la maggior parte delle mie frequentazioni proviene da quel mondo (ma poi perché devo chiamarlo “mondo”, come se fosse un pianeta diverso, di brutti, sporchi, cattivi e satanisti. Non dimentichiamo che satanisti è ancora il primo pregiudizio che deve subire chi ascolta un certo genere di musica – comunque, era per farvi capire!), ma questo accade a tutti: tendiamo a legare maggiormente con chi ha passioni simili alle nostre, con le persone con cui condividiamo determinate attività, che sia andare ai concerti o infornare torte.
Io non intendo cambiare giro, amici o interessi solo per trovare un uomo, anche perché il motivo per cui non sono fidanzata non è che voglio per forza un fidanzato metallaro anche se con i metallari – secondo il popolo – non può funzionare, il motivo principale è che io sono difficile e la maggior parte delle persone si lascia mangiare viva dalle paranoie.

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“Se il mondo è pieno di prepotenti, la colpa è di chi non lo è.”

“Fatece largo che passamo noi!” – ma come noi chi? Noi noi, i bulli; o meglio: il bullo che si annida dentro ognuno, anche nella persona più dolce ed equilibrata che esista (che, detto per inciso, NON sono io.)
Proprio in questi giorni in cui il tema del bullismo, dopo il pestaggio da parte della ormai temutissima bionda di Bollate, è tornato tristemente di moda, ci sono caduta anche io.
Ebbene si: sono una persona orribile e il karma mi punirà per questo, ma, onestamente, è stato divertente. Ho provato un sottile piacere nel ferire, per quanto superficialmente, questa persona, soprattutto perché avevo un pubblico, e poi ne avremmo riso insieme.

Venerdì sera, locale notturno strapieno, siccome tra gli altri suona il gruppo di un caro amico, siamo in molti lì per il concerto, e ci conosciamo un po’ tutti. Il mio gruppetto si amalgama bene anche con chi è solitamente più esterno al nostro giro abituale di uscite, e fioccano frizzi lazzi, risate, ricchi premi e cotillon.
Ad un bel momento, dalla nostra posizione rialzata rispetto al resto della sala avvisto lei: la Bidella, che come ogni volta sta seguendo come un setter il mio ex e, come ogni volta, lo sta fissando con sguardo adorante.


A questo punto, però, mi vedo costretta a fornirvi quantomeno una sommaria descrizione della sunnominata, anche a parziale spiegazione del mio infimo comportamento.
La Bidella è tale perché ricorda, giustappunto, l’operatrice scolastica rubiconda che tutti hanno incontrato alle medie, solo che lei non ha realmente i sessant’anni che dimostra nell’aspetto e nel look. In più, ha scoperto il rock ‘n’ roll e la vita notturna solo da un paio di anni in qua, quando ha conosciuto la Bestia (ovvero il mio ultimo ex ufficiale) e gli si è accollata come una cozza – lui ha un po’ l’hobby di raccattare casi umani, purtroppo.
Questo insieme di cose (l’amore per la Bestia e la scoperta della musica) l’ha resa lievemente compulsiva e lievemente ossessiva, ed ha iniziato a seguirci nel nostro peregrinare tra locali e concerti, anche quando si andava a vedere gente che lei non aveva manco sentito nominare.
Fin qui, a parte chi ci chiedeva se fosse la madre di qualcuno, nessun problema a trovarsela intorno, finché, sventura volle che venisse invitata, da un mio amico scemo, ad una festa ad alto tasso alcolico, sfociata, come spesso accade, in un “momento galline” della peggior specie. In quel frangente si parlava ovviamente di sesso (che “momento galline” sarebbe, altrimenti?), con una particolare digressione sulle persone con cui ognuna avesse avuto una maggiore intesa, digressione che ha permesso alla Bidella di scoprire che:
– io e la Bestia abbiamo avuto una storia durata un anno,
– il perché la Bestia è soprannominato la Bestia,
– il non trascurabile dettaglio che io ne rimpiangessi le performances (ogni tanto mi capita anche adesso, la verità)
– il motivo per cui lui è affettuoso solo con me e mi apre la portiera della macchina.
Questo insieme di informazioni ha sconvolto la povera Bidella, che – oltre a confessare il suo desiderio per la Bestia, accompagnando il tutto con oscuri suoni gutturali – ha deciso secondo un ineccepibile sillogismo aristotelico che il solo motivo che teneva la Bestia lontana da lei, ero io. Che culo, eh?
La persecuzione ai miei danni è iniziata in quel momento, all’incirca un annetto fa, ma essendo lei tragicamente buonista ha iniziato la sua guerra psicologica con i suoi mezzi: perseguitandomi ovunque e cogliendo ogni minima occasione di dialogo per rifilarmi infiniti pistolotti morali sulla necessità di abbandonare il passato per dirigersi verso nuovi lidi (inutile dirle che in quel periodo uscivo con Calimero – che ancora non aveva rivelato la sua natura pulcina) e augurarmi di trovare presto un nuovo amore che mi avrebbe resa felice (portandomi una sfiga infinita che temo perduri ancora oggi).
Una sera mi ha tenuta fuori al freddo, frapponendosi tra me e la portiera della macchina, per talmente tanto tempo che il giorno dopo mi è venuta la bronchite.

Credevo di essermene liberata ormai da un po’, e invece venerdì rispunta, ovviamente appiccicata alla Bestia, in occasione di un live.
Quando l’ho avvistata, ho subito chiamato Rita (il cinico soggetto che avete conosciuto qui), per farle vedere questa persona di cui le avevo molto parlato, e mentre tutti confermavano che si, somiglia proprio ad una bidella rubiconda, ho annunciato: “vado a fare la stronza!”, precipitandomi verso di loro e saltando al collo della Bestia.
Lui mi ha circondato la vita con un braccio e, mentre parlavamo del concerto, è intervenuto il suo amico asserendo che scopriva in quel momento che anche la Bestia sapeva essere affettuoso. Ora, potevo forse lasciarmi sfuggire un’occasione servita così su di un piatto d’argento? No.
Mi sono comportata come la peggio mean girl dei peggio film adolescenziali ammerigani e tra un paio di bacetti e un paio di carezze ho spiegato che lui in realtà con me è sempre stato ed è sempre affettuoso, perché mi vuole bene (Conversazione: – Bestia, mi vuoi bene? – Ma certo che ti voglio bene! – visto? Mi vuole bene!) e che abbiamo anche una foto in cui ci baciamo! “Ma come non ci credi? Ecco qua, guarda!” con pronta esibizione della foto medesima. La Bidella a quel punto era verde, mentre il mio pubblico in galleria se la rideva tra un “che troia!” e l’altro.
Insomma, un’idiota che manco i cani, sembravamo la cheerleader scema avvinghiata al quarterback tronfio della peggior iconografia da film per teenager, ma in realtà ero solo un grosso alano che, davanti ad un piccolo pechinese stortignaccolo, piscia sul suo muretto preferito.
– intanto lui però mi accarezzava la schiena, forse dovrei considerare l’idea di tornare sul punto… –
Ero soddisfatta della mia piccola, meschina vittoria? Si, confesso di si.
È stato divertente? Sì, non posso negare che lo sia stato.
Ne vado fiera? No, ma neppure me ne pento.
Per una lunga serie di ragioni, le persone che si attaccano alle altre modello sanguisuga, mi terrorizzano a morte, e sono disposta ad usare tutti i mezzi (e i mezzucci) necessari a tenerle lontane da me e dalla mia vita.
Ma non è solo questo: è che c’è un piccolo piacere perverso a lasciar emergere la nostra parte cattiva, ogni tanto e, per quanto possa sembrare orribile, ed essere ingiusto, è dannatamente liberatorio.

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“La bellezza è il mezzo con cui la donna conquista l’amante e spaventa il marito.”

L’ultima volta che è stato a casa mia il caro Teddy si è prodotto in una gaffe che, sinceramente, mi ha fatto cadere le palle (in senso figurato) e l’entusiasmo (in senso reale) per terra. Non che sia nuovo ad uscite poco felici, ma finora si era trattato di peccati veniali, mentre questa volta ha quasi valicato il limite dell’accettabilità, quantomeno il mio.
Veniamo ai fatti, nudi, crudi e senza fronzoli: mentre io stavo preparando il caffè, lui era con me in soggiorno, intento a scrutare attentamente i titoli presenti nella mia libreria , quando si è soffermato su di una foto che ritrae me e la mia migliore amica. Si tratta di una bella foto, in bianco e nero, scattata da un amico durante una serata, in cui siamo venute entrambe veramente bene.
Lui la prende in mano per guardarla meglio e, tutto entusiasta mi dice:
“Ma che bella questa foto! Sei venuta proprio bene!” – fin qui tutto normale, solo che un millisecondo dopo aggiunge: “perché, sai, tu non sei bella, ma solo fotogenica.”
Un sorriso, che somigliava più ad una paresi, e ha quasi visto la sua fine sul mio viso.
“Beh, ma dai, perché fai quella faccia? A me piaci, è ovvio, ma non sei bella.”
Come sarebbe a dire che io, per te, non sono bella? A parte il fatto che me lo dici spessissimo, perché allora ci hai provato con me per dieci anni (dieci!)? Perché adesso, all’improvviso senti il bisogno di sminuire il mio aspetto? Perché?
Certo, ha poi corretto il tiro, ha ovviamente detto che scherzava, che si riferiva al fatto che sono un pochino più alta di lui, che sono troppo morbida per essere la bellezza tipica del momento, ma lui adora le mie curve, e cazzate similari. Ma queste cose sono, appunto, cazzate: orma il danno è fatto (e ringraziasse che non l’ho buttato fuori perché non c’erano più treni e perché va beh, ormai era lì, tanto vale ballare).
A parte il fatto che una relazione come la nostra si basa sull’attrazione reciproca; a parte il fatto che, per quanto mi riguarda, il suo desiderarmi, ricoprirmi di complimenti e attenzioni, è parte integrante della mia attrazione nei suo confronti (ci sono momenti nella vita in cui una donna ha bisogno di queste cose: più o meno dai quindici ai novant’anni!); a parte il fatto che se sei Tina Pica puoi essere fotogenica quanto vuoi, ma di certo non diventi la Bellucci in foto; a parte il fatto che io sono bella, anche se non si può piacere a tutti, ma come diavolo ti viene in mente? Ma cosa ti dice la testa?
Questa infelice uscita non mi è andata giù, e questo mi pare palese, ma, riflettendoci dopo, a mente fredda e voglie sopite, ho avuto la netta impressione che lui volesse, in qualche modo, sminuirmi.
Forse patisce che io non gli dica che è bello, oppure di essere un po’ più basso, o che ne so, ma perché le persone, per sentirsi migliori, hanno la necessità di sminuire chi gli è accanto in quel momento?
È una cosa che non ho mai potuto tollerare: lo trovo meschino, e vile, anche perché – oltretutto – non è una gara. Ognuno ha sue prerogative e caratteristiche e, inoltre, per quanto mi riguarda, preferisco frequentare, a tutti i livelli, persone diverse da me, magari migliori, che abbiano qualcosa da insegnarmi.
Temo che i miei ormoni – per quanto lo riguarda – siano già sulla strada per Vercelli, e che ci resteranno per un po’.

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“Sono un pirata ed un signore, professionista dell’amore”

La relazione clandestina, in quanto relazione, molto spesso non è affatto esente da sentimentalismi, oltre a dover avere, per contratto, un altissimo grado di torrida passione.
Teddy dal sentimentalismo non è esente per niente: lui è romantico e ci mette il romanticismo, anche se due minuti prima aveva sottolineato che non dobbiamo affezionarci troppo, per non rischiare.
Non ho voluto sapere cosa.
In realtà, trattandosi appunto di una relazione e non di una semplice botta e via, un po’ di tenerezza non guasta, ma è questo eccesso di sentimento che ogni tanto mi turba.
Voglio, dire parliamo di un uomo che ha tradito la moglie per anni, imbastendo il più delle volte delle vere e proprie storie parallele, e che ad un anno dalla separazione può vantare al suo attivo una fidanzata e un’amante: un bastardo senza cuore per definizione, insomma, e invece… Invece nel più puro stile “sono un pirata ed un signore”, lui si lascia andare a frasi romantiche, dichiarazioni importanti, richieste impegnative.
Lui ha talmente tanto amore da dare che non può fare a meno di darne a tutte le donne che gli piacciono, perché ammettere che tutto si limiti all’attrazione sessuale, evidentemente, potrebbe turbarlo.
Non è una posa: ci crede davvero, in una sorta di realtà parallele incastrate l’una nell’altra con abile maestria.
Quel che mi resta da capire è come faccia ad essere così avulso dal resto e completamente concentrato sulla donna con cui è in quel momento, come se ci fossero altri mondi oltre a quello in cui si trova in quel momento, il che, scritto così, diventa anche un filino inquietante.
Ora, per quanto mi riguarda, non ho alcun bisogno di infiocchettare la nostra relazione con sentimenti purissimi ma purtroppo contrastati. Io ho esattamente quel che volevo, ovvero una relazione non emotivamente impegnativa con un uomo attraente, intelligente, arguto, con cui sto bene e faccio un sacco di risate. Oltre che un sacco di buon sesso, ovviamente.
L’essere sentimentale è qualcosa che appartiene esclusivamente a lui e lui solo.
L’ultima volta che ho dormito da lui, mentre stavamo facendo colazione, con sguardo appassionato mi ha detto all’improvviso:
“Questa notte ho dovuto trattenermi”
– pausa ad effetto, durante la quale io l’ho guardato interrogativa, la tazzina in mano – “si, stavo per dirti che… Ti amo.”
Sono riuscita a non strozzarmi con il caffè, e sorridendo beata, ho risposto con ardore: “Potevi farlo tesoro, ormai so benissimo che tutto quello che dice un uomo subito dopo aver goduto dev’essere tarato almeno del cinquanta percento.”
Non ho ancora capito perché abbia mormorato qualcosa su un cuore di pietra, mentre finiva la sua Kinder colazione più…

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“Tradire significa uscire dai ranghi e partire verso l’ignoto.”

La prima volta che sono andata a cena da Teddy sapevo perfettamente che ci avrebbe provato con me e avevo già deciso di dirgli di si, dopo un tot di anni passati a rifiutare le sue avances perché era sposato, ma devo ammettere che il rischio che lui non ci provasse a causa del suo inizio tormentato di storia della sua nuova relazione, in quel momento, mi innervosiva parecchio, ma – analizzando la vicenda a posteriori – ha anche contribuito a rendermi quel giusto più seduttiva e spavalda utile a facilitarmi le cose.
Va detto che il suo proposito di restare fedele alla sua nuova fidanzata è durato circa venti minuti, ma io sarò in qualche modo responsabile della sua caduta, no? (ditemi di sì o sarò costretta ad abbandonare tutte le mie velleità da demone tentatore, cui invece tengo tantissimo).
Certo, se non vuoi rischiare di cadere in tentazione non inviti la tua ex collega ed amica che ti piace da sempre a cena a casa tua e, magari, non aggiungi che per questioni di comodità dei rispettivi mezzi di trasporto (Trenitalia, oh cara!) è più comodo se lei si ferma a dormire e riparte la mattina dopo così prendiamo il treno insieme.
Se non vuoi cadere in tentazione, al massimo ci vai a prendere un caffè dopo il lavoro con questa donna che tanto desideri no? No.
In fondo, il fatto che io abbia chiacchierato tutta la sera con lui come i due “vecchi” ex colleghi che in effetti siamo, mentre lui impastava ed infornava la pizza, mentre cenavamo, mentre sorseggiavamo un bicchiere di genepi, ignorando come sempre le sue allusioni e battute, e poi sia andata a dormire indossando qualcosa che molti definirebbero succinto, non ha in alcun modo contribuito a spingere quest’uomo nel baratro in cui non vedeva l’ora di tuffarsi.
Non abbiamo pensato “all’altra”, né io, né lui, per tutto il tempo che io ho trascorso a casa sua: esistevamo solo noi due, in una sorta di distorsione spazio temporale, ed è stato – in realtà – molto liberatorio (ok, soprattutto il sesso, ma NON SOLO!): andare a letto con un uomo con cui non vuoi avere una relazione ti permette spazi di abbandono e libertà impensabili con qualcuno di cui ti stai innamorando, o con cui vuoi fidanzarti anche se non sei innamorato.
Sapersi desiderata al punto di mettere a rischio una preesistente relazione è un afrodisiaco potentissimo e una botta di autostima che ha pochi eguali.
Lasciar correre la passione a briglie sciolte è un lusso che possiamo permetterci sempre più di rado, insieme a quello di dimenticare di mettere la sveglia e non andare al lavoro il giorno dopo, tanto ormai…
Perché rinunciare a tutto questo? Perché rovinarlo tormentandosi con dilemmi morali?
Non avere remore né dubbi etici fa bene all’amore, inteso nell’accezione più fisica del termine, e all’autostima, e il vero peccato – al momento – sarebbe rinunciarvi.
In fondo, occhio non vede e cuore non duole, dicono.

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“Il triangolo solo in geometria è una costruzione innocua.”

Il tempo della castità è dovuto all’aver compreso che l’amore che vorrei vivere io e, soprattutto, il tipo di uomo con cui vorrei viverlo esistono solo in film e romanzi, di un certo livello tra l’altro, ‘che mica sono una di quelle che legge “cinquanta sfumature” et similia.
Alla luce di questa consapevolezza, ho pensato che sarebbe stato meglio rinunciare a priori e andare in prepensionamento, come i ferrovieri nei primi anni novanta: non avevo fatto i conti con i bisogni della carne, i bisogni dell’ego, i bisogni di cotte e farfalle nello stomaco.
“Quindi hai deciso di accontentarti?” è la domanda che sorge spontanea: no, dopo due traumaticissime non-relazioni anch’esse caste e pure, ho deciso più o meno autonomamente di diventare un’amante.
Oddio, l’idea era decisamente più Duras-siana che tradizionale, ovvero intrecciare una tresca con qualcuno che ti fa stare bene a più livelli, ma con cui non ti fidanzeresti mai, per un motivo qualsiasi che non dev’essere per forza il fatto che la tua famiglia aristocratica cinese ti obblighi a sposare un’altrettanto aristocratica rampolla cinese, per dire.
Il fatto è che, proprio mentre stavo correndo in discesa tra le braccia del prescelto (ah, la metafora d’impatto!), mi è stato confessato che, in effetti, sarei stata anche un’amante nel senso più tradizionale del termine, essendo il mio teddy boy già fidanzato (è un inizio tortuoso di relazione, ti spiegherò) con una tizia residente in punta allo stivale. A quel punto, però, era troppo tardi per inchiodare sul freno e non ci ho neanche provato, col risultato di scoprire a posteriori – cioè adesso – che, per la prima volta nella mia vita, del fatto che esista un’altra non me ne può fregar di meno.
Benvenuti nell’era dell’egocentrismo 2.0: nessuno fa colazione da Tiffany e nessuno ha storie da ricordare. Facciamo colazione, in piedi, alle sette del mattino e non abbiamo storie per evitare di doverle dimenticare il più in fretta possibile.
Cupido non ha preso il volo dal condominio, Cupido è morto… Ma Venere riesce ancora a divertirsi un sacco!

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