“Meno dici, meno dovrai ritrattare.”

Le cose con Diabolik non stanno prendendo la piega che mi auspicavo e, non so davvero come mai, non mi stupisce del tutto. In buona sostanza, si è reso protagonista di una delle ritrattazioni più memorabili dai tempi di quella fatta dal sig. Sheffield ai danni della povera tata Francesca, non so se mi spiego!

(i non acculturati potranno prenderne visione qui).

Il fatto è che mi sono leggermente stancata di questo ennesimo tira e molla telematico, in bilico tra ambiguità e sfacciataggine (sua) e ho deciso di spingere un po’ sull’acceleratore ed ingranare, quantomeno, la terza, considerato che di godermi il panorama in seconda ne ho decisamente abbastanza.

Non l’avessi mai fatto! È partito immediato il messaggio di richiamo all’ordine: “Carrie, è di un’amicizia che stiamo parlando, vero? Perché sai bene qual è la mia situazione, io sto cercando di salvare il mio rapporto di coppia.”

Ho risposto che nessuno stava pensando di accasarsi, ma che, se non intendeva aggiungere dei benefits alla nostra friendship, poteva evitare allusioni e ambiguità, ‘che da queste parti si è un po’ stufi di cantare “parole parole parole, soltanto parole, parole tra noi” e si preferirebbe di gran lunga passare ai fatti, ogni tanto.

Lui, da vero cuor di leone, è scomparso fino a sera inoltrata, salvo manifestarsi – come nulla fosse accaduto – con il consueto messaggio della buonanotte: ebbene sì, quest’uomo continua imperterrito e inscalfibile ad inviarmi il messaggio del buongiorno e quello della buonanotte OGNI SINGOLO GIORNO.

Why? Pecchè?! (cit.): ho smesso di chiedermelo.

La domanda che, invece, continuo a farmi è: chi diavolo ero e chi ho ammazzato nella mia vita precedente per meritarmi una simile sequela di imbecilli senza perdono ma ricchi di fascino (se non fossero affascinanti, non li prenderei in considerazione e sarebbe tutto più facile)? 

Eh si, perché nel momento stesso in cui scrivo per annunciare alla blogosfera la prematura dipartita di Diabolik, su cui tante speranze avevamo riposto, si sta consumando l’ennesimo dramma dell’assurdo, ma questa è una storia che merita di essere raccontata al meglio, in un post tutto suo.

 

  

“Subito dopo essere vivi, la fatica più grossa è fare del sesso.”

Quando ero giovane avevo due certezze nella vita: la seconda è che non dovevo fidarmi delle promesse dei ragazzi, perché la maggior parte di loro avrebbe perfino venduto la propria madre ai mercanti di schiavi pur di – perdonate il francesismo – farsela dare.

Al liceo, infatti, le ragazze più popolari non erano tanto le più belle, quanto quelle di cui si sapeva che, genericamente, “la davano”.

Da qualche anno a questa parte non è più così: gli uomini sono le nuove donne e hanno deciso di tenere il loro prezioso membro ben al sicuro nei calzoni, casomai si sciupasse, utilizzandolo.

Evoluzione e centinaia di anni di rivoluzione culturale non hanno cambiato i nostri impulsi biologici, ma solo le modalità attraverso le quali questi si esplicano e si soddisfano.

Oggi, sempre più di frequente, l’appagamento delle pulsioni del maschio contemporaneo è limitato a parole ed immagini. Sembra non esserci più spazio per l’incontro fisico, per le notti di passione, per l’appagamento reale dei sensi.

Non c’è più spazio neppure per l’emozione intensa ( la si può ritenere adrenalinica o dolorosa, si può non essere eticamente d’accordo, ma sempre intensa rimane) del tradimento; di questi tempi persino questo si consuma quasi esclusivamente sul terreno del virtuale. I rischi sono limitati, gli eventuali danni circoscritti: forse questa cosa fa pensare ai maschietti che lo perpetrano che non è così, che non si tratta di un tradimento vero e proprio, che non stanno mancando di rispetto alle loro compagne o mettendo in dubbio l’amore che provano per loro. Sbagliano. 

Non conosco nessuna donna che possa tollerare a cuor leggero il pensiero del proprio compagno che passa giorni interi con gli attributi in erezione perché sta scambiando messaggi con un’altra che considera estremamente eccitante. 

Non solo, guardiamo la cosa da un altro punto di vista: quello dell’altra, l’oggetto – momentaneo -del desiderio. Magari lei stava scrivendo ad un suo amico, dopo essersi incrociati casualmente. Magari come d’abitudine parlavano di libri, grande passione comune, oppure si stavano confidando un qualche accadimento. All’improvviso la “conversazione” cambia tono, diventa insinuante e poi via via più esplicita: l’amico rivela di essere stato da sempre “incuriosito” dal lato erotico di lei, di aver pensato più volte a come sarebbe stato fare sesso insieme e di aver immaginato luoghi, modi e situazioni. Dopo qualche giorno il discorso, rigorosamente scritto, si fa più hard e si conclude con la dichiarazione esplicita: se fossi single verrei a letto con te anche adesso.

Peccato però che l’amico non sia affatto single al momento, anzi: è fidanzatissimo da tempo. Peccato che magri anche lei, proprio in seguito alla sorpresa della rivelazione, abbia fatto più di un pensiero “impuro” sull’amico in questione. 

Lasciando da parte per un attimo ogni considerazione morale sul tradimento in sé, perché non appagare il desiderio ormai nato?

Perché privarsi della realizzazione fisica di un qualcosa che si è immaginato da tempo, costruito verbalmente per giorni?

L’uomo in questione si nasconde dietro uno scudo morale, dietro un comportamento che in realtà ha già rinnegato: vorrei farlo, ma non lo farò perché amo la mia compagna. Solo che lui la sua compagna l’ha già tradita più di una volta sul piano “virtuale”, che può sembrare disgiunto dalla realtà, ma non lo è.

I sentimenti e i desideri sono unici. Non abbiamo ancora – per fortuna! – sentimenti e desideri virtuali e sentimenti e desideri reali. Soprattutto non possono esistere una fedeltà reale ed una virtuale.

Non riesco a comprendere questi comportamenti, non riesco a sentirmi appagata dalla pura e semplice descrizione dell’atto, dal “cosatifarei”, dalla versione adulta del gioco del “facciamo” che tanto ci appassionava da piccoli.

Certo, descriversi alcune cose potrebbe essere un eccitante preludio, ma non siamo più bambini: le cose che vorremmo fare, nei limiti del possibile e prendendosi le proprie responsabilità, andrebbero fatte, altrimenti è meglio tacere. 

Parlare di una cosa, talvolta, equivale a farla accadere e, come ormai è risaputo, l’unico modo di liberarsi di una tentazione è cedervi. 

In qualche caso, prima che sia la tentazione a liberarsi di voi. 

 


“Il fascino d’un uomo è sempre la donna a stabilirlo.”

I matrimoni sono, statisticamente, una delle situazioni più gettonate per fare nuove conoscenze e iniziare flirt interessanti. Chi sono io per smentire la statistica? Nessuno, infatti non la smentirò: la mia testimonianza vuole solo specificare che, nel mio caso, ai matrimoni (come in qualsiasi altro luogo, a quanto pare) conosco nuovi pazzi e inizio flirt deliranti. La primavera scorsa ho partecipato ad una riuscitissima festa di nozze e, per la sezione flirt deliranti, ho avuto la riprova che “si finisce sempre per dare il bacio della buonanotte alla persona sbagliata”, limonando duro con Spieghel e dando il via all’ennesima situazione psuedo sentimentale assurda della mia vita (per saperne di più sul ricciolone, clicca qui). Le selezioni per i nuovi pazzi, invece, sono sempre aperte e non solo accade di incontrarli nei luoghi e nei momenti più disparati, ma anche che manifestino la loro reale natura solo dopo molti mesi: è quanto è successo con il testimone dello sposo, che per motivi oggettivi e per sua privacy, chiameremo Diabolik (lo so, fumetti e cartoon spadroneggiano in questo blog, ma ognuno ha il background culturale che si merita). Ho chiacchierato con Diabolik dopo i baci con quell’altro, attraverso svariati cocktail e danze e subito prima di andare a svenire a letto, ed è stato la prima persona sveglia che ho incontrato la mattina dopo, quando sono scesa a fare colazione. Non il mio tipo, ma un bel tipo: carino, spiritoso, affascinante e dotato di compagna e figlio piccolo. Mixando gli ingredienti potrebbe cavarne un buon piatto solo un qualche re degli invention test, quindi decido di soprassedere in automatico. Lui, no. Mi chiede il contatto facebook e stringiamo amicizia: scopro una persona colta e molto affine a me per quel che riguarda interessi artistici e preferenze musicali, ma tutto resta nei normali confini dei normali rapporti tra normali conoscenti finché, mesi dopo, Diabolik non inizia un corteggiamento virtuale serratissimo, ai limiti dello stalking, e, soprattutto, pubblico. Confesso: inizialmente gli ho dato corda perché speravo che Mr. Wrong si ingelosisse, decidendo finalmente di uscire allo scoperto. Purtroppo non lo sapremo mai, perché è stato l’unico a fingere di non aver minimamente notato la cosa, mentre, da ottobre ad adesso, quasi chiunque si è sentito in dovere di chiedermi chi fosse questo Diabolik, così presente ed assiduo sulla mia bacheca facebook. Ovviamente, le pubbliche manifestazioni sono state accompagnate da scambi di messaggi privati che, come da copione, mi hanno permesso di scoprire un uomo estremamente interessante , affascinato e affascinante, divertente e molto, molto, molto in crisi con la compagna (la frase: “se non ci fosse mio figlio/a” rappresenta, in sostanza, il leit motiv del 2014 e inizio a temere che possa estendersi per osmosi anche al 2015). I messaggi privati sono diventati chat, le chat sono diventate telefonate e, tra una telefonata e l’altra, è nata spontanea la decisione di rivedersi, andando ad una mostra d’arte in quel di Milano e trascorrendo così l’intera giornata insieme. Giornata (che ve lo dico a fare?) assolutamente incantevole. Lo so, tutto urla “NON FARTI FREGARE, CARRIE!”, ma come nella migliore delle tradizioni romanzesche, la sventurata rispose (cit.), e si sta facendo fregare, imbarcandosi – questa volta col salvagente, però! – in un’altra storia all’insegna dell’ambiguità, dei non detti, e dell’assenza di prospettive. Il mio guaio è che sono come “Bocca di rosa”, io l’amore lo faccio solo per passione, e la passione conduce a soddisfare le proprie voglie: ecco, spero ardentemente che questa volta, almeno le mie voglie vengano soddisfatte, perché quando ci ho a che fare l’unica cosa che riesco a pensare è (come diceva la Marchesini): “quanto m’attizza, st’omo” !

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“Il capodanno è il momento per fare i vostri buoni propositi. La settimana successiva potrete cominciare a piastrellarci la strada per l’inferno, come al solito.”

La seconda parte del 2014 è stata complicata e controversa persino più della prima, e questo dovrebbe spiegare il mio lungo silenzio su questi schermi. Ho fatto fatica a star dietro agli avvenimenti (tutta fuffa, ahimè, non vi impressionate!) e ancora di più a metterli su carta, e qualche pressante situazione lavorativa non ha aiutato.
A questo punto, nasce la necessità di tirare le fila dei discorsi rimasti in sospeso e ripartire di slancio, perché di cose da dire ce n’è, e non sono nemmeno poche.
Ho quindi approntato un breve e schematico resoconto relativo ai soggetti di cui si è parlato finora in questi fogli virtuali, così da poter disquisire agevolmente dei nuovi, tragicomici, eventi ed introdurre nuovi protagonisti.

Teddy: ha provato più volte a riallacciare i rapporti, ricevendo solamente graziosi due di picche. Dopo i suoi pessimi exploit in stile “ma fuori dal letto nessuno pietà” wannabe (chi non ricordasse potrà rinfrescarsi la memoria qui), non è proprio più cosa. Mai più.

Spiegel: dopo i baci appassionati e le ancora più appassionanti dichiarazioni (che potete trovare qui e qui), ha concluso che dovevamo “restarci vicino, come amici, dato che quanto accaduto ha contribuito ad avvicinarci, in modo da capire quali progetti abbiamo l’uno per l’altra. Se il nostro rapporto deve evolvere lo farà naturalmente” (devo ancora capire, esattamente, cosa volesse dire, in effetti!)
Tempo due mesi, in cui ci siamo visti qualche volta comportandoci come quegli amici tra cui c’è un’attrazione talmente evidente che TUTTI non fanno altro che scherzarci su, causando imbarazzi di livello altissimo, ed ha accettato una proposta di lavoro a SURAT: ci resterà per i prossimi due anni.
Un uomo in fuga, ma credo che questa esperienza non possa che fargli bene.

Mr. Wrong: nulla è – ancora – cambiato, ma dopo un anno di ambiguità, amore platonico, liti, ore di parole, litri di vino, allontanamenti e ritorni, in una parola: il delirio, ho deciso di fare un passo indietro ed allontanarmi.
È una dichiarazione di resa, la mia: semplicemente, non ce la faccio più.
Fa male, ed è difficile, ma stringo i denti e vado avanti, per ora. Non so cosa accadrà, perché molto dipende da come si comporterà lui, in caso decidesse di reagire al mio allontanamento.

Azzerati gli arretrati, non mi resta, infine, che dichiarare pubblicamente il nuovo, appassionante, unico obiettivo che ho per il 2015 che è: la figaggine, ovviamente con lo scopo esclusivo di attirare, al pari di un’insegna luminosa (cit.), ancora più allocchi, in modo da avere sempre a disposizione materiale appassionante per questo sordido blog.

Stay tuned!

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The Carrie Horror Picture Show – III° puntata*.

Motosega

Ed eccoci. Dulcis in fundo. Pur essendo il primo cronologicamente, l’ho lasciato qui perché, in confronto, le altre due case history non sono che le tartine di un aperitivo.

Gente, dovete credermi, io sono quasi commossa dall’onore all’idea di essere autorizzata a raccontare questa storia.

Corre il diciassettesimo anno della vita di Carrie. Che, come tutte le diciassettenni, conduce una vita relativamente morigerata, frequentando l’unico centro di aggregazione giovanile che il suo quartiere mette a disposizione ossia il classico oratorio, e in questa piccola comunità adolescenziale fa un giorno conoscenza con un coetaneo, diremmo, singolare.

Il fanciullo è alto come me con un kiwi in testa, dunque trenta centimetri meno di Carrie che già allora veniva chiamata quando c’era da tirar giù la roba dalle mensole, dal look discutibile, un po’ brufoloso, universalmente considerato poco avvenente. E di tendenze maniaco-depressive, ché vabbè, non si può aver tutto. Però scatta uno strano feeling, seguito da limonata e da cauta decisione di provare, sì, provare a stare insieme, ad essere, per la prima volta, una coppia.

Ora.
E’ piuttosto normale che un bruttarello di diciassette anni, eletto a fidanzato da una brunona formosa, possa sbarellare e manifestare reazioni imprevedibili. Ma quella di Motosega, non ancora ribattezzato tale e dopo vedremo perché, è allo stesso tempo plausibile e folle. In pratica, per capacitarsi che la magia sia realtà, il ragazzo decide di mettere periodicamente alla prova il proprio fascino con le altre, spiegando logicamente la cosa a Carrie nei seguenti termini: “Così mi accerto che non sia tu pazza ad avere scelto me; ma è solo per esperimento scientifico: se anche le altre ci stanno, io amo comunque te, e anzi, anche di più avendo verificato che pazza non sei”.

“Tu capisci che non foss’altro per mantenere una dignità dovevo quantomeno mollarlo tutte le volte,” spiega pacatamente Carrie.

Ma come poteva sapere, l’ignara diciassettenne, che tentare di mollare il fedifrago sarebbe equivalso a fare una passeggiata sul set di Nightmare e smarrire la strada?!

La prima volta, Carrie è su una panchina e chiacchiera con una amica. Il futuro Motosega, appena divenuto ex, le transita di fianco per un attimo e le conficca un coltello nel legno di fianco alla coscia.

La seconda volta, il futuro Motosega sale sul campanile (ricordiamo che lo spettrale scenario di tutto questo è l’oratorio) e minaccia di gettarsi di sotto; a Carrie tocca salire i duecentomiliardi di gradini di legno cigolante e andare di persona a contrattare la sopravvivenza del derelitto.

La terza volta lo cerca a casa, e la madre, dal citofono, le risponde che è in garage che sta manipolando il motorino.
Carrie lo raggiunge. Deve dirgli che ha saputo che trescava con la sua amica e che ha intenzione di non vederlo mai più.
“Sei sicura?” chiede il futuro Motosega, à la Laurence Olivier nel Maratoneta.
“Certo,” sentenzia Carrie, secondo planning.
“Proprio sicura?” richiede il futuro Motosega, pulendosi con calma le mani nello straccetto.
“Ho detto di sì,” ribadisce Carrie, come da tabella di marcia.
Motosega, conquistandosi in quel momento l’imperituro soprannome, si avvicina alla parete, stacca la motosega a benzina, dà il classico, scenografico strappo di accensione, e poi ripete la domanda.
“No amore, ti starò vicino tutta la vita,” cinguetta Carrie aderendo alla parete del garage come un poster.

Vorrete sapere come finì. Io ieri sera non aspettavo altro.
Insomma, come lo lasci uno dotato di una simile capacità di persuasione?!

“Quell’estate mi innamorai di un altro, e volevo dirglielo, ma mi pigliava un po’ male per quella faccenda del rischio di morte,” mi spiega Carrie. “Poi fortunatamente due mesi dopo gli hanno scassinato il garage, rubato motorino, auto e anche la motosega, e così non ho più avuto deterrenti.”

Io alla fine di questa storia c’avevo le lacrime agli occhi. Ma no dal ridere, eh?, dalla commozione proprio. Ora dite la vostra, ma ammè i racconti di vita di Carrie m’han fatto quasi venire la sindrome di Stendhal.

Grazie Carrie.
Dobbiamo uscire ancora più spesso.
Rita

*credits: written by the faboulous Rita!

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The Carrie Horror Picture Show – II° puntata*.

L’Harleysta Vergine

Cioè, insomma, che una si aspetta che la volta che conosce un fiero possessore e guidatore di Harley, ispido di piercing, in un’età in cui gli ormoni si esercitano quotidianamente al doppio carpiato con avvitamento, e oltretutto lo conosce grazie a una rete aziendale telematica per cui c’è pure la componente della distanza geografica ad arrapare gli animi e a pompare le aspettative verso i radi incontri, dicevo, una si aspetta che sian faville tipo esplosione del Krakatoa, Hiroshima, macchie solari e simulazione del Big Bang al Cern tutti insieme.

Dunque è con questa disposizione d’animo che Carrie si appresta a trascorrere la prima notte con questo allora ventitreenne centauro dagli occhi blu e la chioma bruna.
Dunque è con questa disposizione d’animo che Carrie attraversa la lunga, incandescente fase dei preliminari, talmente travolgente che quasi vorresti che non finissero mai.
Be’, quasi.

Ché quando Carrie sollecita un coronamento, Easy Rider si irrigidisce, intendo nello specifico con la spina dorsale, e dice “C’è un problema.”
“Non mi pare proprio,” dice Carrie osservando altre rigidità.
“No, il problema è che sono credente. E vorrei arrivare vergine al matrimonio. Possiamo dormire abbracciati però se vuoi.”
“E sarà bellissimo lo stesso?!”
chiosa Carrie, prima di girarsi dall’altra parte.

Ecco, io a una donna che ti spara la citazione colta in un momento di profonda frustrazione del genere, io come minimo le avrei regalato la moto.

*credits: written by the faboulous Rita!

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The Carrie Horror Picture Show – I° puntata*.

Cari amici, in questo periodo ho, purtroppo, latitato dal blog perché impegnatissima al lavoro, cosa che ha anche assestato un duro colpo alla mia vita sociale, con conseguente scarsità di aggiornamenti, maaaaaa: ho qui per voi nientepopodimenoche un incredibile post in tre puntate!
Scritto dalla mia carissima amica Rita qualche tempo fa, riporta fedelmente il racconto del mio come sempre ridicolo tragico passato sentimentale: purtroppo, è tutto vero.

ATTENZIONE: nessun animale, neanche di razza umana, è stato maltrattato o oltraggiato per scrivere questo post. Al massimo qualche cozza che avevo nel piatto, due gamberetti e una chela di granchio si son sentiti un po’ trascurati perché ero troppo impegnata ad ascoltare per degnarli dell’attenzione che speravano. Riferimenti a fatti o persone sono assolutamente voluti e puntuali, e vengono qui riportati a seguito di regolare autorizzazione ministeriale del 27/05/2014, cioè ieri sera, dopo una boccia di vino ma questo conta relativamente, ché ormai la liberatoria è firmata.

Ieri sono ri-uscita con Carrie che c’avevamo in sospeso la storia della motosega.
Parlare di Motosega (l’uomo che usò la medesima, meritandosene per contrappasso il soprannome sinistramente denigratorio) ha implicato tutta una carrellata di casi umani di contesto che la nostra amica, con sprezzo del pericolo e curiosità quasi scientifica sulla natura umana, ha raccolto nel corso della sua turbinosa gioventù.
Di comune accordo, abbiamo deciso che ve ne racconto tre.
Perché il mondo deve sapere.
E per dimostrare che anche noi, dopo che l’Isola dei Famosi con il suo campionario di casi umani ha raggiunto il 32% di share, possiamo fare di più e di meglio.
Pronti? Cominciamo.

“Nonposso”: l’Energumeno

Scena: anni dell’Università, vita sociale turbinosa, storie che vanno, vengono, se ne vanno di nuovo, lasciando ragazzi e fanciulle con il cuore spezzato e un alone di romantica bohemiennitudine come in nessun’altra fase della vita. La nostra amica ci è, appunto, in mezzo. Una statuaria giovine dai lunghi capelli neri che, in quel determinato frangente storico, sembra uscita da un racconto a quattro mani di Hoffmann e Flaubert.

Un giorno conosce LUI.

Lui è massiccio, tatuato, capellone, chitarrista. Come lo definirà Carrie in seguito, “una delle tre persone al mondo in grado di sollevarmi” (ricordiamo per chi si fosse messo in ascolto solo adesso che Carrie è alta come una rete di pallavolo. No come una pallavolista, proprio come la rete). Un vichingo, insomma, un energumeno. Un energumeno dall’animo di poeta che, presentato per caso alla nostra, ci scambia due chiacchiere, le due chiacchiere diventano sei ore al tavolino di un bar, si riproducono in telefonate i giorni seguenti, e si sviluppano in uscite praticamente costanti in tutti i momenti in cui l’Energumeno non deve dedicarsi alla fidanzata ufficiale. Già, perché l’Energumeno è fidanzato: con una che vede pochissimo, ma pur sempre fidanzato. E la ridda di sensi di colpa che la fidanzitudine gli scatena dentro, nelle viscere rimescolate dall’attrazione sessuale per la bruna fanciulla e dalla bohemiennitudine di cui due paragrafi sopra potenziata dall’animo musicistide, forse spiegheranno perché, ogni volta che si ritrovano alle soglie dell’intimità suprema, l’Energumeno si produca nella seguente scena:

fase 1) aggredire la fanciulla con famelica brutalità, strapparle le magliette a morsi e ululare alla luna come un licantropo nella stagione degli accoppiamenti;

fase 2) ritrarsi sul più bello, respingendo con veemenza il voluttuoso corpo di lei, portando un polso alla fronte, volgendo il viso altrove, e gemendo come Eleonora Duse “Non posso!”.

Per farla breve, l’Energumeno non poté MAI. Neanche quando, a DODICI anni di distanza, rivista la fanciulla per caso il suo primo istinto fu quello di appiccicarla a un muro come una figurina Panini. MAI.

“E il bello è che, voglio dire, prova a farti letteralmente respingere da un tizio grosso quanto Conan Il Barbaro,” chiosa Carrie. “Lui gemeva che non poteva, tormentato come Liz Taylor nei panni di Cleopatra agonizzante, e io spiaccicata contro la finestra dalla manata!”.

*credits: written by the faboulous Rita

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“Essere donna è un compito terribilmente difficile, visto che consiste principalmente nell’avere a che fare con uomini.”

Un paio di settimane Spiegel è venuto a cena a casa mia: non aveva ancora visto la mia magione e in più, dato che ci siamo ritrovati, era quasi un atto dovuto, per aggiornarci e raccontarci, come abbiamo sempre fatto.
Aggiornarci ci siamo aggiornati, soprattutto, lui ha aggiornato me con rivelazioni ai confini della realtà, quali la magistrale “credi che non ci abbia mai pensato, in questi otto anni, al fatto che tu saresti la persona perfetta per me al 75%?”
Ora, a parte il fatto che io sono alta come Mary Poppins (praticamente perfetta sotto ogni punto di vista), come gli viene in mente di tirarlo fuori ADESSO?! E anche: come gli viene in mente di tacermelo per otto anni?

Ero pazza di lui quando l’ho conosciuto, poi siamo diventati buoni amici, sa tutto di me (escluso l’ultimo anno) e se ne viene fuori così, con la dichiarazione ad effetto? Perché?
Non ho avuto risposta. Abbiamo parlato fino alle cinque del mattino, ma alla fine non ho capito quali siano le sue intenzioni, il motivo di questa confessione, cosa avrebbe intenzione di fare, niente.
So solo che il giorno dopo ho buttato cinque bottiglie di vino vuote, e ripensato al fatto che ci siamo salutati baciandoci per un quarto d’ora e che è andato via dopo aver scavalcato il mio balcone (e io NON abito al piano terra!) e avermi detto, nell’ordine:
– non è normale salutarsi così tutte le volte,
– e io che mi sono trattenuto tutta la sera,
– tu hai dei progetti per me,
– lo so, sono il solito rigidone, ma avrò bisogno di ancora qualche serata così per sciogliermi.

Ricordo benissimo di aver risposto che no, non ho nessun progetto, che non era voluto e che navigo a vista.
Tutto il resto è buio e confuso, ma direi che i punti salienti sono rimasti ben impressi nei miei ricordi.

La mia perplessità è: perché adesso, dopo tutto questo tempo? E qual è lo scopo, dove vuole arrivare – ammesso che voglia arrivare da qualche parte?

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“Si finisce sempre per dare il bacio della buonanotte alla persona sbagliata.”

I matrimoni, per me, sono una splendida occasione per far festa, bere, divertirsi e, spesso, rivedere qualche vecchio amico che, per le più svariate circostanze, avevi perso di vista.
Lo scorso fine settimana ho partecipato ad una riuscitissima festa di nozze, ed ho finalmente rivisto Spiegel, con cui ho un rapporto di grande confidenza, anzi, di grandi confidenzE e ore di discorsoni sui temi più disparati.
Ci conoscemmo ben otto anni fa, in uno dei locali rock della città: amici comuni, interessi comuni, solite cose. Mi piaceva davvero tanto e la terza sera in cui capitò di incontrarci la trascorremmo interamente a parlare di mille cose e ad ubriacarci: mi riaccompagnò a casa e ci baciammo.
Quei baci non ebbero seguito: io avevo lanciato un segnale secondo me inequivocabile, invitandolo a venire una sera da me a guardare un film mentre i miei erano in vacanza, lui mi diede buca all’ultimo momento, e io me la legai al dito: fu così che divenimmo amici e confidenti.

Anni dopo, durante una chiacchierata alcolica delle nostre, lui mi chiese perché non ci fu mai un seguito a quei baci, e io scoprii in quel drammatico frangente che invitare un ragazzo a casa tua a guardare un film , specificando che i tuoi sono fuori città, non è un segnale poi così inequivocabile: lui aveva capito che avessi invitato un po’ tutti gli amici da me per quella sera, per questo non si era fatto scrupolo e aveva dato forfait.
Ora, questo potrebbe aprire un dibattito sulla perenne incomprensione che vige tra uomini e donne, ma non è questo il momento, né lo scopo di questo post. Torniamo al presente e al matrimonio.

Scena uno:
Prima dell’arrivo dei secondi (quindi con un tasso alcolico già soddisfacente), io e Spiegel stiamo fumando sul prato della tenuta, c’è un sole caldissimo, noi siamo in piedi, uno di fronte all’altra, a bordo prato, e conversiamo. Per la precisione lui mi sta comunicando che continua a non spiegarsi come sia possibile che io sia ancora single e che questo per lui resta uno dei misteri più astrusi dell’intero universo conosciuto (in effetti lo è anche per me, ma anche questa volta non ho ottenuto risposte certe, solo elucubrazioni e teorie, che ormai lasciano il tempo che trovano).

Scena due:
il sole è tramontato da un pezzo, siamo a metà, circa, della serata danzante con annesso open bar (quindi con un tasso alcolico ormai ben oltre i livelli di guardia) e io e Spiegel stiamo fumando in fondo al prato della tenuta, ci sono molte stelle, noi siamo in piedi, uno di fronte all’altra, vista vigneti, e conversiamo. Per la precisione lui mi sta comunicando che io gli sono sempre piaciuta, che il fatto di non aver concretizzato dipende esclusivamente da suoi limiti personali e una serie di altre affermazioni inerenti che – non capisco assolutamente come mai! – non riesco a ricordare.

Ormai è notte, e fa decisamente fresco, io indosso solamente un top smanicato e rabbrividisco: mentre parla, lui si slaccia la giacca, se la toglie e me la mette sulle spalle. Pochi minuti dopo ci stiamo baciando, e sono baci molto belli, dolci. È evidente che si tratta solo di un momento di attrazione e vicinanza, e resteranno fini a se stessi, nonostante o forse grazie anche alla deliziosa e raffinata conversazione che li ha seguiti:
Dai, Carrie, Non tentarmi.
– Non ci penso nemmeno, e poi, sbaglio, o prediligi le donne con le tette piccole?
– Si, ma non riesco a tirarmi indietro davanti alla sensualità.

È l’unica parte dei discorsi fatti che ricordo con chiarezza, ma non temete: ricordo anche perfettamente che poi siamo tornati a bere e ballare in sala con gli altri!

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